di Giancarlo Grassi #Poverinoi twitter@gaiaitaliacomlo #Politica
Un’orribile accozzaglia di ciarlatani proni al potere e pronti a tutto pur di diventarne gli umili servi, in cambio di lauti stipendi e posizioni invidiabili [sic], sta infinocchiando un popolo che si sente sempre più furbo, sempre più preparato, sempre più lancia in resta, sempre più “potente” perché ha tra le mani strumenti elettronici (che non sa usare) che gli consentono di dare la sua inutile opinione, spesso sgrammaticata e senza fondamento, così da farlo sentire importante.
Questo paese di impresentabili sta mostrando la sua vera natura: negli ultimi anni sono stati votati tutti i peggiori esempi possibili di venditori di fumo che ora, sulla base della loro impreparazione, incultura politica – in poche parole, sulla base della gestione del potere sulla base del loro ego – straparlano attraverso ogni mezzo possibile di ciò che hanno pensato la notte precedente, non sappiamo in quale stato, pronti a promettere la rivoluzione basandosi su quel pensiero notturno.
Scrivo ciò che scrivo mentre ascolto su una radio nazionale la voce del sindaco di una grande città che straparla di una nuova unione del sud contro quella che lui definisce “l’incostituzionalità” della richiesta di autonomia rafforzata di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia che spacca l’Italia. Per il signore in questione il fatto che l’art.116 della Costituzione permetta (e garantisca) il percorso che le tre regioni stanno intraprendendo è del tutto irrilevante. Ha infatti bisogno di raccontare l’orribile balla per giustificare le sue azioni politiche infettate di pericolosissimo populismo di cui la sua città non avrebbe davvero nessun bisogno. Questi politici piccoli Donald Trump ante litteram che non conoscono il peso delle parole, che ignorano che le parole sono un’azione compiuta e quindi sono inconsapevoli dell’effetto che le loro parole produrranno sugli altri, sono la naturale conseguenza del voto di un paese che entra nell’urna col mal di pancia e vota per vendetta contro il governo precedente che aveva votato entrando nell’urna col mal di pancia.
Non sarebbe altrimenti spiegabile, e questo meccanismo è ormai patologico, come mai da almeno venticinque anni gli elettori rincorrano i grandi urlatori delle promesse impossibili che più le sparano grosse più vengono votati, salvo venire maledetti dal giorno immediatamente successivo al loro insediamento. Sarebbe giustificabile se l’insoddisfazione portasse a cambiare atteggiamento al momento del voto, invece non è così. La lamentela e la frustrazione di questo popolo di impresentabili proni a rappresentanti impresentabili che loro stessi hanno votato senza vederli, porta irrimediabilmente a proseguire il cammino della condotta delittuosa: anche la prossima volta voterò il peggiore.
Basti dare un’occhiata a ciò che è successo il 4 marzo: gli elettori italiani hanno portato alla vittoria un movimento demenziale il cui capetto è un incolto tribuno di dubbia affidabilità politica, senza nessuna esperienza di lavoro che non fossero la vendita di bibitume o la costruzione di qualche sito web, insieme ad un’accozzaglia di personaggi la cui provenienza è assolutamente sconosciuta, votati da quattro gatti e un cercopiteco su una piattaforma online che si blocca ogni due per tre, credendo alla fandonia di un reddito di cittadinanza di 780 euro a testa per 9 milioni di persone che è stata soltanto la prima di una serie di promesse non mantenuta, l’ultima delle quali è l’essere venuti meno al grido di siamo contro l’impunità dei parlamentari. A questi si sono poi aggregati i leghisti che odiavano i meridionali e che hanno trovato nell’immigrazione – ingestibile a causa della Bossi-Fini, legge voluta dai leghisti – il nuovo nemico da proporre anche ai meridionali che erano odiati dai leghisti e che ora si sono trasformati da odiati in odiatori; il meccanismo è infantile, ma non stiamo parlando di eccellenze, parliamo dell’Italia. Il risultato di tutto questo è un governo che celebra se stesso, si autoassolve, si autoconfessa ed indica i colpevoli contro cui scagliarsi.
All’italiano impresentabile del 2019 è servito su un piatto d’argento il mondo costruito a guisa di social network che tanto desidera, essendo il virtuale l’unico mondo in cui sa muoversi. Un futuro da brividi.
(19 febbraio 2019)
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