
di Giancarlo Grassi #Politica twitter@gaiaitaliacom #Apolitica
“Il PD visto da fuori sembra un carrierificio”, l’ho sentito in un caffè del centro ieri pomeriggio attorno alle 18 mentre, zittendo quel poco di cervello che mi è rimasto, bevevo un altro caffè. Quello che mi avrebbe tenuto sveglio fino alle 3. Il commento mi ha fatto riflettere perché, nonostante fosse stato pronunciato con la leggerezza da bar che ci è arcinota anche grazie a Facebook, conteneva una verità e un’intuizione. Perché effettivamente il PD, visto da fuori, quello sembra: un luogo dove le persone entrano per fare carriera e per sentirsi qualcuno.
Io li ho frequentati quei luoghi e so che non è così: il PD è stracolmo, debordante di gente ed attivisti di straordinaria generosità e, mi spingerei a tanto, buon cuore che dedicano il loro tempo al sostegno del partito e delle idee in cui credono. Lo fanno prendendosi le ferie per fare i volontari alle Feste del come si chiamano adesso che non lo so più, sacrificando i loro fine settimana per riunioni spesso interminabili e troppo spesso improduttive, le loro serate e le loro domeniche per tenere aperti i circoli e per stimolare il tesseramento. C’è davvero gente straordinaria nel PD che vive in basso.
I guai nascono con la dirigenza. Spocchiosa, supponente, per lo più scarsamente preparata, e – davvero – animata dalla feroce volontà di sedere su una poltrona che conti, più a loro che agli altri, di apparire in televisione o di dare il loro parere anche se fosse la più risibile delle questioni. La sensazione dello sconosciuto al bar l’ho avuta anche io, ma non ero mai riuscito ad esprimerla con tanta chiarezza e semplicità (né a condirla di bestemmia al seguito). E’ quella chiarezza, la chiarezza del buzzurro per dirla alla radical chic, che ti fa capire quanto la distanza tra la politica che dice di parlare alla gente e quella gente alla quale poi non parla stia rischiando di diventare incolmabile.
Anche da lì credo che il partito già di Renzi e già di un sacco di altra gente. Un partito con troppi nomi, troppa storia e una dirigenza con troppa spocchia, davvero troppa per potersi definire il partito della gente debba scomparire nella sua forma attuale e resuscitare, m questa volta non dentro se stesso, con un progetto davvero riformista e di stampo socialdemocraticoliberale senza travestimenti, perché le due cose possono convivere, che torni a parlare alla gente. Che torni a coinvolgere la gente comune che al PD non si iscriverebbe mai e che mai accetterebbe di stare in una lista a nome PD: Che coinvolga forze e culture che non vengano zittite dal primo Orlando di turno che parla in nome del potere che pretende di avere e non in base alla sua autorevolezza: perché un’autorevolezza non ce l’ha.
Nemmeno io, che ho sempre frequentato quei luoghi lì dai quali mi sono allontanato perché davvero non c’era altra scelta se si voleva rimanere in pace con la propria coscienza, avrei voluto votare quel PD carrierificio lì, ma io sono uno. Quanti pensano la stessa cosa dello sconosciuto che ho incontrato al bar e passano dal giudizio al votare l’estrema destra di Salvini? Invece dell’autocoscienza pensino a cose serie perché, oltre al carrierificio che dir si voglia, l’altro problema del PD è che non esiste più.
(26 giugno 2018)
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