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HomeNotizieCome se fosse una cosa seriaIl Governo minaccerebbe tagli alla Cultura, vorrebbe dire che almeno sanno cos'è

Il Governo minaccerebbe tagli alla Cultura, vorrebbe dire che almeno sanno cos’è

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di Giancarlo Grassi #Cultura twitter@gaiaitaliacom #pentaleghismo

 

 

Il quotidiano del PD Democratica, evidentemente di parte, dato il suo essere dichiaratamente “del PD” scriveva in un articolo del 18 giugno scorso che il governo pentaleghista degli sgrammaticati si appresterebbe a tagliare 18app, quel bonus di 500euro che, sono parole del quotidiano, “ha avvicinato tanti giovani alle attività culturali”. Come operatori culturali trasversali, produciamo informazione, editoria, spettacoli teatrali ed eventi culturali in tutto lo stivale, ci permettiamo di dissentire da un’informazione che è più partitica che reale.

I giovani non leggono, non lo facevano nemmeno trent’anni fa, e questo dramma sociale è tutto italiano. E dura da decenni. Sono gli Italiani e non leggere perché leggere significa mettere in dubbio le loro granitiche convizioni maturate al bar all’angolo della via e distruggere i loro pregiudizi. Il problema, ne converranno anche a Democratica, è assai più ampio.

Teatri, istituzioni, librerie, associazioni culturali da almeno trent’anni offrono ad universitari e studenti tariffe ridotte per l’accesso ai servizi: con risultati poco incoraggianti, ma le questioni rimangono lì e si continua a lavorare per affermare la Cultura come valore. Perché non ci si può ricordare della Cultura solo quando i governi virano a destra. Abbiamo esperienza sufficiente per sapere che non c’è nulla di peggio di un assessore alla cultura di sinistra ignorante e bifolco che pretende di dettare l’agenda al direttore artistico. E’ bene che lo sappiano anche i colleghi di Democratica.

Democratica cita dati che ci smentiscono, del resto l’esperienza personale si può sempre smentire con voci più “autorevoli” – è ciò che stanno ordendo i pentaleghisti al governo. Secondo il quotidiano “...18 App non solo ha consentito a tanti giovani di fruire di attività culturali (circa l’80% è stato speso in libri), ma ha aiutato l’industria culturale italiana, tanto che a fianco delle proteste dei ragazzi ci sono proprio tanti operatori del settore. Come spiega Andrea Marcucci, che annuncia un’interrogazione al ministro Bonisoli da parte dei dem, “la 18App ha prodotto finora acquisti per 268 milioni di euro, di cui l’80% in libri (circa 220 milioni), ha coinvolto fino ad oggi 764.000 ragazzi e sta per essere imitata in Francia. Tagliarla significa anche produrre un danno sensibile ai consumi culturali”.

Ci piacerebbe sapere quali sono stati i libri più acquistati in quell’80% che viene citato nell’articolo. Ci si è forse pagati i libri universitari con quei soldini? Perché se così fosse la storia sarebbe del tutto differente da come viene raccontata.  Studiare non vuol dire farsi una cultura o appassionarsi ad essa. Soprattutto in questo paese, dove all’Università non si scrive nemmeno più.

Se poi si vuole parlare di periodo buio della cultura italiana bisogna partire dal 1992. Da quella (e dopo quella) data nessuno, tantomeno i governi di centrosinistra o a guida PD, sono riusciti a recuperare su un fronte, quello culturale, che continua a mantenere i casermoni mangiasoldi e devasta le piccole realtà togliendo ossigeno agli enti locali che le sostenevano ed impedendo di fatto, con una legge sul teatro – ad esempio – fatta coi piedi, la circuitazione degli spettacoli e delle produzioni, spesso di eccellente qualità, delle piccole realtà. Molto impegno è stato invece profuso affinché gli Italiani se ne stessero in casa a sorbirsi le reti Mediaset e mamma Rai sempre più vecchia e inguardabile.

Se si vuole parlare di Cultura e di azioni volte a sostenerla sul serio, bisognerebbe smetterla di considerarla un fastidio e di dare soldi a coloro che praticano il leccaculismo più che la cultura e che si sostengono con tutte e due le cose.

Poi, e a ben vedere, se proprio l’attuale governo degli slogan e del Salvini perennemente in campagna elettorale, volesse operare tagli culturali significativi vorrebbe dire che almeno la Cultura sa cos’è, cosa che si guarda bene anche solo dal dichiarare.

E le azioni che devastano la cultura, sembrerà impossibile ai colleghi di Democratica, sono quelle che sembrano proteggerla – superficialmente. Sono quelle leggi che sembrano rivoluzioni, ma conservano l’esistente e zitti tutti gli altri.

Queste leggi le hanno sempre fatte tutti in Italia: di destra, di sinistra, di centro, di su e di giù. Non diamo al governo pentaleghista degli ignoranti la patente di assassini della cultura. L’hanno già assassinata un trentennio di slogan e di uomini soli al potere. Scandalizzarsi sulle intenzioni del governo di Salvini, molto peggiori di quelle che Democratica immagina, è puerile. E politicamente sloganistico.  A proposito di cultura.

 

 




 

 

(19 giugno 2018)

©gaiaitalia.com 2018 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 




 

 

 

 

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