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#Visioni di Mila Mercadante: “In Europa prima fanno le frittate e poi parla Merkel”

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di Mila Mercadante, twitter@Mila56170236

 

 

Un rapporto recentissimo stilato da Goldman Sachs mette in evidenza le difficoltà di alcuni paesi UE in merito all’accoglienza. L’Italia non sarebbe in grado di far fronte a un incremento delle migrazioni per l’assenza di tre caratteristiche sostanziali, che rappresentano i cardini di un’adeguata integrazione: risorse economiche, lavoro, predisposizione da parte degli autoctoni nei confronti degli stranieri. Goldman Sachs fa riferimento alla lunga e pesante crisi economica e afferma che l’ostilità degli italiani nei confronti degli immigrati sia causata dalla crisi. L’analisi sembra contenere un suggerimento: siamo prossimi al voto, e il risultato naturalmente sta più a cuore ai mercati che ai politici. Intanto per la prima volta Merkel ha affermato che il trattato di Dublino può essere modificato perché penalizza troppo Italia e Grecia. Ecco come dirigono l’Europa: prima fanno le frittate e poi dicono di non essere mai entrati in cucina.

Tra i paesi nordeuropei – generalmente tutti meglio attrezzati per l’accoglienza degli stranieri – la Svezia occupa senza dubbio il primo posto ma oggi è in forte affanno. Cresce la disoccupazione giovanile, gli stranieri disoccupati sono ormai il 38% e la crisi degli alloggi è tale che entro il 2020 la Svezia dovrà dotarsi di almeno 75mila nuove case. Il welfare arranca, nella sola Stoccolma 500mila persone non trovano casa.  Parliamo di un paese che già nel 1975 diede inizio alla società multiculturale. La Svezia è uno dei quattro Stati al mondo più virtuosi per la parità di genere, eppure riguardo al numero di stupri si colloca al secondo posto, preceduta soltanto dal Lesotho, un piccolo Stato che si trova in Africa del sud. Come è possibile? Secondo alcuni pareri – che puntualmente vengono attribuiti ai razzisti – il numero spropositato di reati sessuali compiuti in Svezia è dovuto alla massiccia presenza di immigrati. Stando ai dati Eurostat soltanto nel 2015 le richieste d’asilo in questo virtuoso paese furono 162000, il che significa 1667 ogni 100mila abitanti. Tra questi richiedenti asilo ben 114470 erano uomini, circa la metà dei quali aveva un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Gli stranieri costituiscono quasi il 15% della popolazione totale, e si stima che la percentuale potrebbe ancora crescere fino al 2040. Le statistiche rivelano un netto incremento dei reati sessuali dal 2005 al 2016 nonché l’aumento degli stupri di gruppo. In 40 anni (1975/2015) gli stupri sono aumentati del 1472%. Il dato è impressionante da qualunque prospettiva lo si giudichi. Il governo e i media ritengono che il numero delle violenze sessuali sia così alto non a causa delle immigrazioni bensì a causa di due particolarità.

La prima è che nel corso degli anni la legislazione in materia di violenze sessuali (stupri, stalking, molestie, atti osceni) è cambiata, quindi proprio le modifiche alle leggi preesistenti avrebbero causato l’impennata di tali reati. Faccio un esempio: oggi in Svezia se una sola donna denuncia più volte lo stesso uomo per stalking le denunce non fanno più parte del medesimo fascicolo ma vengono trattate singolarmente, ogni volta come se si trattasse di una vittima diversa. Ancora: tutti i reati sessuali non vengono più distinti tra loro e sono considerati stupri.

La seconda particolarità è l’emancipazione femminile, la quale – sempre secondo coloro che non vedono correlazioni tra aumento delle immigrazioni e aumento dei reati sessuali – comporterebbe minori remore nel denunciare uno stupro rispetto ad altri paesi UE. Questa affermazione è risibile e andrebbe dimostrata.



Vi è un importante elemento da considerare: la mancanza di informazioni dettagliate sugli autori delle violenze sessuali. In Svezia per principio non si devono rendere pubbliche le origini degli autori dei reati, sessuali o meno. In un paese in cui diritti, multiculturalismo e valori democratici sono salvaguardati fino all’estremismo, l’idea di base è che, essendo gli esseri umani tutti uguali, il dato etnico non cambia la sostanza dei reati. Evitare di rendere nota la nazionalità di coloro che infrangono le leggi fa sì che non si sviluppi nella popolazione l’idea che un’etnia sia più predisposta a delinquere rispetto a un’altra. Questa posizione non è lodevole, è irresponsabile. A mio avviso questo atteggiamento è molto pericoloso per quanto concerne gli stupri. Occorrerebbe che le donne e i minori fossero informati in maniera capillare ed esaustiva. La violenza sessuale non è solo un reato, è un crimine vile e odioso che distrugge la dignità di un essere umano fisicamente più debole, è un orribile sopruso che causa irreparabili danni psicologici alle vittime. Sorvolando sulla provenienza degli stupratori si finisce col tutelare loro più che le persone aggredite. Contemporaneamente – piuttosto che raggiungere l’obiettivo desiderato – si ottiene l’esatto opposto: mantenendo il riserbo sull’etnia del reo si incoraggia l’opinione pubblica (non solo quella svedese) a ritenere che la bilancia del crimine penda tutta dalla parte degli immigrati. Se questo pensiero strisciante non corrisponde al vero, la strada intrapresa è completamente sbagliata.

 




 

(30 agosto 2017)

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