di Emilio Campanella, #Venezia
Chi conosce Venezia sa che cosa siano le Zattere, e cosa significhino per la città ed i suoi abitanti: un luogo d’incontro appartato, ampio, dove i bambini possono giocare, le persone passeggiare e conversare, gli studenti sedersi su una panchina e consumare uno spuntino fra una lezione e l’altra delle molte facoltà che sono lì attorno. Tiepido in inverno, gradevole in primavera ed in autunno, torrido nei mesi più caldi, il ‘liston’ si anima nelle sere d’estate fra pizzerie, bar, ristoranti, alcuni dei quali, consigliabilissimi.
Queste note si iniziano con una frase che evoca che cosa potesse essere, secoli fa, questo lembo di sabbia, con le sue zattere per caricare le navi, appunto… Gli imbarcaderi dei battelli sono in effetti, ancora adesso, delle zattere, lungo il Canal Grande, il rio di Cannaregio, nelle isole, lungo il Canale della Giudecca dove ci troviamo. Prendono varie denominazioni ed arrivano sino ai Magazzini del Sale, ma la passeggiata, bellissima, può partire da S.Basilio, per arrivare alla Punta della Dogana. Tra otto e novecento sorsero importanti edifici legati all’attività marittima. In uno di questi, quello del Provveditorato al Porto, il Palazzo delle Zattere – questa la sua nuova denominazione- costruzione in stile veneziano, edificata intorno al 1850 e restaurata con grande cura ed attenzione coniugando le esigenze museografico-espositive, con il rispetto e la valorizzazione dell’edificio, è ora la sede, per un certo numero di anni, di V.A.C. Foundation, che precedentemente esponeva alla Casa dei Tre Oci della Giudecca, e che presenta la sua prima mostra nella nuova prestigiosa sede. Palazzo visto all’atto della presentazione del restauro, ancora senza opere esposte, e con la possibilità di visitare l’ultimo piano con la foresteria dedicata ai curatori ed agli artisti ospiti; qui l’istituzione che sostiene l’arte russa ed i suoi giovani artisti, con la prima esposizione sull’altro versante del canale, intitolata: Space Force Construction, in collaborazione con l’Art Institute of Chicago, dove si trasferirà dopo le date veneziane, stimola alla scoperta ed alla riflessione grazie ad artisti ed opere di altre epoche, ambientazioni, installazioni, evocazioni storiche legate alla rivoluzione del 1917. Si potrà visitare fino al 25 agosto.
Il percorso lungo le Zattere continua: sorpassato il Ponte Lungo, ci si addentra un poco lungo il rio di S.Trovaso, e di fronte al bellissimo squero (cantiere di gondole), consiglio di visitare il padiglione nazionale, di Antigua & Barbuda, per la prima volta alla Biennale. Una densa, ampia retrospettiva dedicata a Frank Walter, personalità poliedrica di artista, innovatore di tecniche agricole, uomo politico, fra Europa e nuovo mondo, ospitata dal Centro Culturale Don Orione Artigianelli. Tornati lungo il Canale della Giudecca, si passa il Ponte della Calcina (il nome è proprio in ricordo del luogo dove la calcina veniva scaricata), e si arriva al padiglione dell’Angola, in un bellissimo loft, ex cantiere, per la mostra: Magnetic Memory. Historical Resonance; cinque film di Antonio Ole, dal 1978 al 2006. Poco più avanti, un altro interessantissimo padiglione nazionale, quello di Grenada che propone otto artisti interessanti e differenti. Sono rimasto molto colpito dai ritratti su tela di Asher Mains, che li espone come lenzuola stese e mosse dall’aria, e da Jason De Caires Taylor la cui idea di statue sommerse mi ha molto ricordato il lavoro di Hirst esposto anche poco lontano, solo che Vicissitudes, questo il titolo dell’opera, è nato dieci anni prima, curioso, vero? Superati i Magazzini del Sale, si arriva alla mostra: The boy in a box, integrazione di opere pittoriche di Anthony Corner e partitura originale di Jonathan Hickman. Un percorso intensissimo, notturno, emotivamente coinvolgente, assolutamente imperdibile e che chiuderà già il prossimo undici luglio. Colpisce la solarità del luogo, affacciato sul canale, pieno di luce, e la profonda sensazione di ripiegamento su se stesso del lavoro di questo artista dalla mano felicissima per il disegno, e non solo.
Vicinissimo, pochi numeri civici più avanti, la mostra dedicata a Pirro Cuniberti ed intitolata: Sognatore di Segni. Opere dal 1959 al 2007. Disegnatore dalla grande, profonda, sottile, intima e schiva poetica. Il bellissimo catalogo edito da Silvana, rende merito alle opere, riproducendole perfettamente, e celebrando meritatamente questo artista dell’anima, nato nel 1923 e scomparso lo scorso anno. L’esposizione si potrà visitare fino al 30 settembre.
(15 giugno 2017)
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