di Giancarlo Grassi
L’assemblea PD che ha eletto – con circa il 30% di mal di pancia – Matteo Renzi segretario ha visto tra gli interventi anche l’insipido Gianni Cuperlo che ha dichiarato “La scissione è stata un errore”. Nell’ambigua dialettica dell’ambiguo personaggio che si sente un raffinato intellettuale perché cita Lenin a memoria, la frase può significarne due: che la scissione doveva riguardare una più ampia parte di partito o che la scissione va ripetuta, facendone una nuova. Alla farneticazione politica di Gianni Cuperlo – che è stato fatto fuori dalla direzione del partito – si è aggiunta la teatrale chiusura di Michele Emiliano, quell’Hasta La Victoria, che dalle labbra del presidente della Puglia francamente non ci aspettavamo. Insomma nel PD è tempo di oppositori comunisti dal conto in banca che non è certo quello di un’operaio che, giustamente dal suo punto di vista, comunista non lo è più avendo optato – Susanna Camusso lo sa bene – per la Lega o il M5S.
Dunque un’assemblea PD che nonostante il 30% di mal di pancia, ha dato soddisfazioni anche alla minoranza, con una vicepresidenza assegnata a Barbara Pollastrini che ricordiamo in un’assemblea pubblica dedicata alla questione delle Unioni Civili una ventina d’anni fa a Bologna, quando Pollastrini era Ministra delle Pari Opportunità, dedicare un intero discorso alla questione riuscendo a non pronunciare mai le parole “omosessuali” o “coppie gay” per tutta la durata dell’intervento. Di grandi statisti è fatta la minoranza PD. Notiamo poi con piacere che Pollastrini ha risolto il problema della “erre moscia” che ai tempi l’affliggeva e la sua pronuncia della consonante è diventata perfetta. Misteri dei lifting.
Dei grandi temi che riguardano l’Italia alla minoranza del 30% in due che doveva strapazzare il segretario uscito dalla primarie, non è sembrato importare molto. Molto fumo, nessun arrosto a parte Emiliano ed Orlando, e poche proposte. Forse perchè vedere che Macron in Francia ha praticamente proposto le stesse misure che Matteo Renzi ha messo in campo per l’Italia qualche riflessione può anche averla suggerita. Ora toccherà vedere se i signori della guerra nel PD abbiano deciso di stare nel partito con la lealtà dimostrata dal loro segretario quando le primarie le perse (nel 2013, lasciando libero Bersani di mettere in piedi tutto ciò che abbiamo visto, elezione di Luigi Di Maio alla vicepresidenza della Camera compresa), oppure continuare a guerreggiare per mantenere vivo quel comunismo dal conto in banca che un operaio si sogna, che è l’ultima moda degli scissionisti – in pectore e de facto – dell’unico partito in Italia che la democrazia continua a praticarla chiamando a raccolta i suoi iscritti e simpatizzanti.
(8 maggio 2017)
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