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Il punto è che gli elettori PD hanno votato la linea di Matteo Renzi non i commenti di Paolo Mieli

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di Il Capo

 

 

 

 

 

L’immediato post primarie PD del 30 aprile scorso hanno permesso l’imperversare di una serie di trasmissioni a commento della primarie stesse, quando dei risultati non si sapeva ancora nulla, se non che certamente Renzi avrebbe vinto. Non c’era che l’imbarazzo della scelta per chi, come noi, dovesse capire un minimo cosa fosse successo e per coloro che per piacere, per noia o per masochismo avessero deciso di seguire una delle trasmissioni in onda sulle reti Rai o sulla piattaforma Sky.

Del momento di giornalismo dell’ombelico di SkyTG24 abbiamo abbondantemente parlato in un altro articolo in questa stessa rubrica. Della trasmissione da Tele Kabul messa in piedi dal TG3 non abbiamo detto nulla né nulla diremo, perché non c’è davvero nulla da dire. Qualcosa in più da dire c’è invece sulla trasmissione messa in onda grazie al TG1 iniziata attorno alle 23, che vedeva protagonisti, oltre al solito giornalaio de Il Fatto Quotidiano, l’istituzione nazionale del giornalismo di tutte le sponde e del so tutto io, Paolo Mieli. L’uomo che è stato direttore di tante testate da non ricordarsele nemmeno e che è riuscito, abilissimo!, a compiacere i politici di tutta una generazione e di tutti i colori, coltissimo storico – molto belle le sue trasmissioni su Rai Storia, chi scrive non se ne perde una – era presente per illuminare i telespettatori sul come dire nulla dicendo tutto e compiacere pubblico, vincenti e perdenti in un esercizio vuotume al quale Asimov avrebbe potuto attingere per dare voce ai sacerdoti della saga della Fondazione. In pochi secondi Mieli è riuscito a congratularsi con Renzi per il plebiscito, salvo poi individuare alcune centinaia di rischi in quel plebiscito che ,in ultima analisi, indicavano come effettivamente Matteo Renzi non avesse vinto le primarie, ma le avesse perse. Nelle pause del suo insensato discorso Mieli era riuscito anche ad assestare un paio di colpi al giornalaio de Il Fatto, salvo poi correggersi dicendo “naturalmente si scherza”. Confuso il povero conduttore passava velocemente ad altra domanda mentre inesorabili i conteggi indicavano il 70% di voti per l’ex-premier.

Sono al mondo da qualche lustro ed ho vissuto in diversi paesi ma mai, come in Italia – forse solo in Spagna la tendenza è simile – i poveracci che pretendono di essere considerati “classe dirigente” riescono ad indicare al “popolo bue” che pretendono di informare [sic], veicolandolo verso il loro insano punto di vista, che chi vince le elezioni, interne o politiche poco importa, in realtà le ha perse e che chi le ha perse ne è in realtà il vincitore.

E mentre spiegava le ragioni della “sua” politica il bravo Paolo Mieli dimenticava un particolare di nessunissima importanza: che la stragrande maggioranza dei quasi due milioni che votavano per le primarie PD aveva scelto Matteo Renzi quale leader e la sua visione del PD come loro visione, strafregandosene allegramente dei pareri del Mieli di turno.




 

(2 maggio 2017)

 

 

 

 

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