di Giovanna Di Rosa
Se sei il bersaglio del lancio di coltelli e non ti scansi da lì, allora sei tu il colpevole se le lame ti trafiggono: sembra essere questo il senso della direzione PD di domenica 19 febbraio dove la minoranza PD ha esibito con pacchiana volgarità tutto il suo odio per Matteo Renzi alla base del progetto di scissione che vede Massimo D’Alema come ispiratore principe con i vari Bersani, Rossi, Speranza ed Emiliana al seguito. Non c’è progetto politico, non c’è giustificazione possibile al ciò che si è visto e sentito quest’oggi: l’odio della minoranza per Matteo Renzi è tale che il progetto politico – magari ci fosse! – passa in secondo piano. Alla scissione, ha detto in soldoni Roberto Giachetti, si può soprassedere soltanto se Matteo Renzi fa un passo indietro, e crediamo che abbia riassunto in pieno ciò che ha portato alla direzione PD di domenica, al congresso con Renzi dimissionario che si terrà fra quattro mesi e a tutto ciò a cui abbiamo assistito.
E’ stato un pessimo spettacolo: pessimo perché ha come obiettivo la distruzione programmata dell’unico progetto politico legato ad una comunità e non ad un leader unico che sia nata in Italia negli ultimi vent’anni. Pessimo perché gli ispiratori del progetto di distruzione sono coloro che hanno distrutto l’Ulivo, i governi Prodi, che hanno fatto gli accordi con Berlusconi, che in Puglia prendono accordi con il M5S (forse per invitarli a votare alle primarie ed evitare la rielezione di Renzi?), che hanno impedito l’elezione di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica. Sono quelli che nulla hanno fatto e che quando sono diventati minoranza nel partito hanno dato fuoco alle polveri. Sono quelli,come Bersani, che non partecipano alla direzione ma vanno in tivù da Lucia Annunziata sempre pronta a fare lo sgambetto a Renzi. Sono quelli, come Emiliano, che in tivù gridano e sui giornali insultano, poi in direzione sembrano i sosia di loro stessi.
Alcuni interventi da ricordare: quelli di Piero Fassino e di Walter Veltroni, tornato ad una direzione del partito che ha contribuito a fondare per evitare che si consumi una scissione “sbagliata”. Tutto il resto è stato prevedibile, anche perché le dimissioni di Renzi hanno congelato i giochi ed ora non resta che convincere gli avversari di Renzi, gli anti-renziani insomma, ad andare a votare alla primarie per farlo fuori. Non è un progetto politico è una lotta a coltellate. Questo è il progetto politico per l’Italia? Quell’Italia dove si bruciano palme in piazza perché provenienti dall’Africa?
Massimo D’Alema naturalmente non era presente alla direzione del 19 febbraio. Aveva altre cose più importanti da fare. Forse occuparsi delle sue vigne. Di domenica c’è tempo per assaggiare il vino e godersi il tempo libero. Non ce n’è per quisquilie come essere presente, da leader della dissidenza interna, al partito che governa l’Italia e che si pretende di gestire come cosa propria.
Davvero uno spettacolo indegno.
(19 febbraio 2017)
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