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La Corte di Cassazione dice sì alla stepchild adoption “in casi particolari”

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Coppia Lesbica Marriagedi Giovanna Di Rosa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Suprema Corte ha dato il via libera alla stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio del partner nelle coppie dello stesso sesso, confermando una sentenza della Corte d’Appello di Roma, con la quale era stata accolta la domanda di adozione di una minore proposta dalla partner della madre, con lei convivente in modo stabile. Scrive Repubblica citando un comunicato stampa della Cassazione:

 

Con la sentenza 12962/16, pubblicata oggi, la Corte Suprema si è pronunciata sull’adozione “in casi particolari” prevista dalla legge 184 del 1983. I giudici della Suprema Corte, nel confermare l’adozione della coppia di donne omosessuali, hanno affermato che questa “non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”. Secondo la Cassazione, inoltre, questa adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”. La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla domanda di adozione di O.A., una minore (che oggi ha sette anni), da parte di una partner stabilmente convivente con la madre. Un primo via libera era stato dato dal Tribunale dei minorenni di Roma nell’estate del 2014, poi l’anno dopo c’era stato la conferma della pronuncia da parte della Corte d’Appello. Le due donne, entrambe romane, vivono assieme dal 2003 e la bambina, nata in Spagna con la procreazione assistita eterologa nel 2009, grazie a questo provvedimento poteva essere adottata dalla mamma non biologica e avere il doppio cognome.

 

 

 

Una decisione che farà giurisprudenza e che risponde al ricorso presentato in Cassazione dalla Procura Generale di Roma: il Pg Giovanni Salvi, con una nota del 24 febbraio scorso, aveva spiegato la decisione del suo ufficio di ricorrere contro la sentenza d’appello del 20 ottobre 2015. Il magistrato aveva giustificato l’iniziativa chiarendo che “in assenza di una espressa disciplina normativa” era infatti “necessario raggiungere un’interpretazione univoca della norma, che superi gli attuali contrasti di giurisprudenza e assicuri a tutti eguale trattamento”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(22 giugno 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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