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I grossi parolai che delirano di ritiri ed abbandoni qualora in politica siano perdenti

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Adinolfidi Il Capo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono parolai che delirano di abbandoni della politica qualora le loro istanze liberticide o mirate vieppiù alla loro affermazione personale, non vengano accolte col dovuto sussiego dagli elettori che non gli tributano il plebiscito che ritengono di meritare. Alle parole non seguono mai i fatti: lo testimoniano Berlusconi, che per non si sa quanto tempo disse che se avesse perso le elezioni se ne sarebbe andato (e sta ancora dove stava), così come il Guitto Fascistoide a 5 Stelle che già in un paio di occasioni ha fatto la stessa cosa, finale compreso. Il seguire pedissequamente il cammino del populista predecessore per accaparrarsi i voti dei populisti, fa del M5S la logica prosecuzione dell’esperienza del berlusconismo. Altro che nuovi tra il vecchio.

 

Tra i minori che hanno scelto la via della visibilità attraverso la minaccia di privare il popolo italiano della loro insostituibile presenza, c’è anche Mario Adinolfi: se non fosse stato eletto sindaco in una delle tante città dove si è candidato per dare voce alle sue pulsioni politiche liberticide, ci avrebbe liberati della sua augusta ed esteticamente accattivante presenza. La sua percentuale da tasso alcoolico alle elezioni romane (0,60% dei voti, un trionfo paragonabile solo a quello di Salvini), non è ancora stata seguita dall’azione coerente che avrebbe dovuto conseguire al suo insuccesso. E’ vero che la valutazione dei nostri successi o insuccessi è direttamente proporzionale all’intensità della nostra arroganza, la quale arroganza, al peso massimo delle politiche pro-famiglia-con-moglie-che-lava-i-piedi-al-marito, sembra non fare difetto. Cretini noi che vorremmo la coerenza urlata seguita dalla coerenza praticata. Chi vive sperando morì non si può dire [cit].

 

I signori [sic] appena citati non raggiungono però gli algidi picchi della Signora Costanza Miriano, giornalista di pregio che deve buona parte della sua notorietà alla fiera opposizione alle Unioni Civili, praticata con roboanti dichiarazioni come “Separiamoci tutti”, come se si trattasse di un invito originale, in un paese dove i matrimoni durano in media alcune decine di mesi. Si tratta certo di matrimoni “impuri”, nulla a che vedere con le famiglie perfette della Signora Miriano o di Adinolfi, per non parlare delle tre di Salvini, che invece durano nel tempo nella perfezione cristallizata della virtù.

 

La Signora Miriano aveva lanciato qualche mese fa una proposta roboante: “Se lo stato dovesse dare una valenza pubblica alle unioni di persone dello stesso sesso, se addirittura dovessse passare il ddl Cirinnà (…) ritengo che noi che investiamo nella famiglia dovremmo separarci civilmente”. Pare che a tutt’oggi la Signora Miriano, sarà per mancanza di tempo, per non avere trovato l’avvocato adatto, vuoi per la cattiveria della gente, non ha ancora dato seguito alla sua proposta. Del resto per lei non dovrebbe esserle difficile separarsi dato che, informatissima, sa che “col divorzio breve si fa prima a rompere un matrimonio che a cambiare gestore telefonico”.

 

 

Costanza Miriano Proposta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(9 giugno 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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