di Il Capo
Parliamo di una tendopoli dove, d’inverno, nella tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria), che sta vicino a Rosarno, sono ospiti [sic] migliaia di extracomunitari che, non sappiamo con quali condizioni economiche e con quale tipo di contratto, vengono impiegati nella raccolta delle arance nella piana di Gioia Tauro. Lì c’è un sacco di gente anche ora che non è inverno e delle arance manco l’ombra e succede che, tra persone che vivono ammassate in campi dove nessuno di noi vorrebbe vivere, dopo essere fuggiti da paesi dove noi non ci sogneremmo nemmeno di pensare di abitare, a causa di guerre e condizioni economiche, a qualcuno saltino i nervi e vada fuori di testa cominciando a menare fendenti. Succede che le forze dell’ordine arrivino chiamate da altri occupanti quel luogo, indegno di esseri umani dove esseri umani si stanno scannando, e tra una coltellata e l’altra, ci scappi il morto.
Grandi titoli sui giornali online e ai notiziari delle radio nazionali serie. Quei geni di Radio24, nel commentare la notizia oggi alle 14.00, hanno pronunciato la parola extracomunitario (nella sua accezione singolare e plurale) cinque volte in un servizio, nel caso qualche ascoltatore non avesse capito; nella versione delle 18 da cinque sono passati a tre. Bastava dire cittadino del Mali, sarebbe stato ugualmente colpevole degli atti ascrittigli (i testimoni erano numerosissimi), ugualmente extracomunitario, ma soprattutto ugualmente morto.
Vorrebbero spiegarci quei grandi giornalisti cosa si inventeranno per la definizione dei britannici qualora la Brexit avesse esito positivo? Extracomunitario, cioè extra-UE, è un termine tecnico che viene spregiativamente affibbiato agli immigrati africani e asiatici, ma che non viene mai applicato a statunitensi, sudafricani, giapponesi o alle nazioni che riteniamo degne di rispetto in quanto nostre alleate. Noi da queste parti saremmo tentati di chiamerlo fascismo, questo atteggiamento insopportabile. Ma non ci piacciono i termini forti.
Insomma in quel posto lì, dove ci sarebbe tanto da vedere e tanta legalità da far rispettare, senza aspettare la lite da coltello che colpisce l’agente e pam!, ci scappa il morto, si aspetta che esploda la follia di un singolo che dà di matto per chiamare le forze dell’ordine a sedare la rissa; e quindi agenti feriti, extracomunitari feriti che si danno alla fuga, ed il 27enne Sekine Traore morto.E’ una tragedia.
Ma in quel luogo lì ne succedono tante – soprattutto quando non se ne parla – di tragedie che fanno tornare terribilmente di moda la parola schiavismo. Tutti noi, che inorridiamo soltanto a pronunciarla quella parola, siamo convinti che nulla succeda, salvo poi indignarci all’esplodere della tragedia oh che tragedia! Chissà perché nessuno si è preoccupato, o sembra non averlo fatto mai, in quel luogo lì, di vedere ciò che c’è da vedere sul serio, oltre a denunciare i pericoli di una convivenza forzata in tende dove nessuno di noi vorrebbe vivere.
“La tendopoli è ormai un ghetto”, hanno detto ai giornalisti lor Tromboni, “bisogna fare qualcosa”. Del resto c’è scappato il morto. Quando il morto non ci scappa, ma ci sono altre vessazioni, altri tipi di violenza, un diritto del lavoro che non esiste più e situazioni che rischiano di lasciare spazio a caporalati e similschiavismi non si deve fare nulla invece?
Noi chiediamo per sapere. Dato che non si sa mai nulla.
(8 giugno 2016)
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