di Il Capo
Sono stato tempestato nella ultime ore da messaggi di conoscenti ed amici, o semplicemente persone con le quali lavoro, che mi tiravano per la giacca (per questo non la indosso quasi mai) per fare in modo che andassi, non andassi a votare il 17 aprile, che votassi in un modo, nell’altro modo. Posto che in questa sede non ho nessuna intenzione di dire ciò che farò, volevo porre l’accento sulla magnifica tendenza tutta italiana di trasformarsi in qualcosa di differente a secondo delle occasioni. Ora è il momento della trasformazione in ecologista impegnato, dopo che nel corso dell’anno si è stati cantanti, arbitri, calciatori, critici letterari, attori televisivi, registi, poeti, drammaturghi, opinionisti, tuttologi e anche un po’ cazzoni, mi sia passato il termine. Altro che Zelig.
L’impegno che si accende sulla questione calda del giorno fa parte di quel gioco del potere così sottile da farci cascare proprio coloro che meno riescono a ragionare a mente fredda, non per demerito, ma per indole. Sono i più vulnerabili. E non lo sanno. Mi ricorda un po’ una polemica agghiacciante sui ripetitori per i cellulari della quale fui costretto ad occuparmi un paio di decenni fa, mese più mese meno, in una squallida cittadina emiliana popolata da tuttologi: ebbene costoro montarono una polemica indescrivibile sulla presenza di ripetitori per cellulari a loro dire troppo vicini alla città, dopo che per mesi avevano montato – sempre loro! – casini indescrivibili perché la stessa compagnia telefonica che stava installando i ripetitori contestati, non offriva sufficente copertura ai clienti che si trovavano a non avere il servizio che desideravano (e che pagavano). Diceva Don Camillo: “Signore, poni la tua santa mano sulle loro inutili teste”.
Tanto per farmi insultare un po’, ci sono abituato, vorrei sottoporre agli ecologisti tutti d’un pezzo di ora, alcune questioni con l’aiuto di un vecchio articolo del Corriere della Sera relativo ai consumi energetici di Google, strumento che ci è quasi più necessario della carta igienica. L’articolo risale al settembre del 2010, non ne ho trovati di più recenti (ogni aiuto è benvenuto) e parlava del fatto che il colosso del web consumava – allora – tanta energia come quella necessaria ad una città di 207mila abitanti ed emetteva tanta anidride carbonica come quella prodotta da 70mila abitanti.
Nel 2010 (…) Google ha consumato 2,3 miliardi di kilowattora, l’equivalente dell’energia necessaria a 207 mila abitazioni e all’elettricità usata da 41 Empire State Building nell’arco di un anno. Ma dalle pagine del blog ufficiale, il vicepresidente dell’azienda Urs Hölzle, rivela anche come, nel 2010, Google abbia emesso 1,46 milioni di tonnellate di anidride carbonica, equivalenti a quelle di 70 mila individui. Anche se si tratta di cifre astronomiche Google è una delle aziende più ecologicamente responsabili del pianeta. «Nel corso di un mese i server di Google usano meno energia, per utente, di una lampadina lasciata accesa per tre ore» (…)
L’articolo, citava anche alcuni esperti ambientali, come il vice presidente della Electricity Consumers Resource Council, che paragonavano ai tempi i livelli di consumo di Google a quelli impiegati da inquinatori storici, quali le compagnie chimiche. Sottolineava infine come il consumo di elettricità annuo di Google equivalesse, ai tempi, a un quarto dell’energia utilizzata da una centrale nucleare o a far funzionare città come Trieste e Padova. Cosa voglio dire? Nulla. Se non che l’energia che si consuma, da qualche parte e in qualche modo, va prodotta. Che poi quel modo non ci piaccia è un’altra questione, ma ditemi per favore, voi che siete tutto ed il contrario di tutto a rotazione, a seconda del vento che tira sul web, che siete disponibili a rinunciare all’automobile, al telefonino, all’aria condizionata, a internet, a Google, a Facebook, a tutti gli altri social network, allo streaming online, a Netflix, al porno online, alla partita di calcio sul tablet, alla connessione a Skype, al telefonino sempre in carica, alla pessima abitudine di lasciare la spina attaccata (consuma moltissimo) e potrei continuare. Già che ci siete ditemi anche che le spie di tutti i vostri apparecchi casalinghi sono sempre spenti e che non vi addormentate con la televisione accessa. Cosa faccio io? Nel mio piccolo quello che posso: non guido, non possiedo un’automobile, non possiedo un televisore, mi muovo in bicicletta o treno, e spesso a piedi, e last but not least, non getto i profilattici usati nell’umido. E dirigo Gaiaitalia.com. Che mi sembra abbastanza. Detto questo, e scherzi a parte, Google consuma moltissimo e risparmia altrettando. Andava citato per giustizia [sic].
Calcolando l’energia che serve in un anno per produrre, conservare e trasportare i gigabyte necessari per navigare su Internet con un cellulare di ultima generazione, si può affermare che un solo smartphone utilizza mediamente molta più elettricità del frigorifero di casa. Quanti video di un’ora guardiamo sul telefonino in un giorno? Non so. Resta da vedere se nella nostra scala personale di priorità il telefonino e il frigorifero stanno uno sopra/sotto l’altro. Lor che sono tuttologi sicuramente lo sapranno. Insomma il nostro godimento personale, lavoro, contatti, il lavoro su Facebook, i post su Twitter, Tumblr o che ne so, per dire come la pensiamo politicamente o insultare il vicino o dare del ladro al politico o fare le condoglianze per i morti famosi (che dei non famosi chi se ne frega) o per mostrare le nostre patetiche nudità/erezioni/tettumi/culinudi/osemplicementefacce, le masturbazioni collettive in videoconference che fa tanto Urania, i video You Tube, tutto quello che facciamo quotidianamente sul web come postare le manifestazioni sgrammaticate della nostra indignazione che servono a farci sentire come se ci importasse davvero di tutto ed avessimo anche capacità per agire positivamente sul nostro ambiente, ci costa il 10/12% di tutta l’energia consumata in un anno in tutto il globo. Gran parte di questa sprecata per cose della quali si potrebbe anche fare a meno. E magari il giornale che dirigo è tra queste ultime. Cosa voglio dire? Nulla. Se non che l’energia che si consuma, da qualche parte e in qualche modo, va prodotta.
Per guardare una partita di calcio oppure un film su uno smarthphone o un tablet si necessita dello stesso quantitativo di energia che si consuma percorrendo circa 40 chilometri in automobile. Va da sé che prima di insultare gli altri per le loro scelte elettorali pre-referendarie dovremmo magari imporci di fare meno sesso solitario guardando video porno on line. Perché se all’ambiente ci teniamo, ci teniamo sempre, non soltanto quando siamo solleticati da opportunistici stimoli esterni.
Esiste un rapporto, si chiama Smart 2020, ed è stilato dalle organizzazioni The Climate Group e GeSI (Global e-Sustainability Initiative), citato da Yahoo, che ci racconta del consumo di energia elettrica generato dalle attività su Internet: se nel 2007 era pari a 623 miliardi di kilowatt-ore nel 2020, secondo le previsioni, la quantità di elettricità consumata è destinata a triplicarsi passando a 1.963 miliardi di kilowatt-ore. Degli 830 milioni di tonnellate di CO2 prodotta nel 2020 non rimarrà che un pallido ricordo, dato che la quadruplicazione prevista dei pc in circolazione farà raddoppiare le emissioni nocive.
Tutto qua. E nonostante l’apparenza possa ingannare questo articolo non si riferisce al referendum-scannatoio che ci aspetta (o e che è già in corso, o è già passato, dipende da quando lo leggerete), ma parla proprio di alcune delle manifestazioni della stupidità umana (la mia prima di tutto) della quale superficialità ed arroganza sono soltanto due delle tante sfumature. Con tanti cari saluti agli ecologisti impegnati & furiosi, già cantanti, arbitri, calciatori, critici letterari, attori televisivi, registi, poeti, drammaturghi, opinionisti, presidenti della Fifa, dirigenti d’azienda, esperti in fisco, tuttologi e anche un po’ cazzoni, mi sia passato il termine, che chissà cosa decideranno di essere domani e fino a quando.
(16 aprile 2016)
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