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Quelli che dicono una cosa e poi ne fanno un’altra o dell’arrivare in Suv per parlare di ambiente

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Grida-stai-zittodi Il Capo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ un mondo difficile. Abbiamo personaggi ormai specializzati nel dire una cosa e farne un’altra. Esempi? A bizzeffe: dal così banale “ti amerò per sempre”, cioè fin quando non finisce, cioè quando dura per sempre?, cioè fino a quando?, cioè insomma non ti amo più!, perché la vita è un continuo imprevisto, (basti pensare che finisce), al politicante che difende a spada tratta la famiglia tradizionale e a suon di citazioni bibliche e divorzia, ridivorzia, fa figli con tre o quattro donne e c’è chi giura ami la trasgressione con le trans. Ci sono i purissimi, quelli che fanno i conti in tasca agli altri in ogni trasmissione televisiva possibile e non ti dicono che per parlare in teatro dei misfatti [sic] altrui si prendono un quindicimila euro a botta, più confort, viaggi, cene e pranzi, e altresì tacciono dei compensi percepiti per ogni trasmissione televisiva alla quale vengono invitati a riempirci di puttanate. Figliano, i purissimi, e si circondano di cloni che ne ripercorrono le insulse orme e si scagliano contro, hanno il verbo facile, dicono verità solo loro, ma di rendere pubblici i loro di conti non se ne parla nemmeno. E fanno i conti in tasca agli altri. Sono un po’ come quelli che vanno in Suv a parlare di inquinamento, e imboniscono il pubblico pagante, profumatamente, mentre invocano la coerenza altrui, tacciano gli altri di falsità ed opportunismi incolpandoli di questo e quell’inquinamento, di non rendere pubblici i loro conti – guardandosi bene a loro volta dal farlo – e trasformando cose serissime, ahinoi quanto serie, in fatti e misfatti che riguardano tutti, ma non il denunciante sul palcoscenico che grida in nome del pubblico benessere. E’ così l’italico contemporaneo andazzo. Se si parla di pari diritti per le persone omosessuali ecco che immediatamente spunta l’integralista che non ne vuole sapere, e siccome lui non ne vuole sapere, nessuno deve fiatare; e poi scopriamo che si diverte con i giovani marchettari della stazione. Perché è così l’italico contemporaneo andazzo. Se mi fai uno sgarbo non ti do un cazzotto che ti stende come si faceva una volta tra contadini-gentiluomini, fondo un partito politico contro di te, così te lo posso mettere in quel posto facendo votare leggi che ti facciano male ed avere il potere di dire di te ciò che voglio, grazie all’immunità parlamentare. Se ho fatto il giornalista in una testata che tu hai diretto e per qualche motivo la nostra collaborazione finisce, eccomi pronto a fondarne un’altra con il solo unico obbiettivo di parlare male di ciò che tu scrivi e del tuo editore, o della tua linea politica di riferimento. Non voglio informare. Voglio parlar male di… Questo è l’italico contemporaneo andazzo. Non ci si confronta più sui temi e se cerchi il dialogo è già pronto l’insulto. Mutuato dall’orrido mondo delle tifoserie. Ti chiamano “democristiano”. Per dirti che non hai un punto di vista. Perché grazie ai Signori che dicono una cosa e ne fanno un’altra l’unico punto di vista possibile è quello che si grida insultando, l’unica verità possibile è quella che riguarda gli altri. L’unica azione giustificabile è mettertelo in culo più in fretta possibile per fartela pagare. Forse di esistere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(5 marzo 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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