di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Vi sarà capitato di vedere lo sketch televisivo di Crozza nel paese delle meraviglie su La 7, che, per criticare la politica aziendale delle multinazionali, raffigura una metacorporazione fittizia che si chiama inc. cool 8 (inculeit) che ce lo mette in culo.
Uno sketch volgare, perché ovvio, scontato, banale; uno sketch infantile, perché ricorda il gioco che facciamo da piccoli e piccole di divertirci nel dire o accennare alle parolacce (cacca, culo); uno sketch del tutto irricevibile perché impiega il sesso come strumento satirico di presa in giro.
Ma presa in giro di chi, di cosa?
Invece di denunciare strategie di marketing, fare controinformazione, inneggiare a una sollevazione di massa, allo sciopero degli acquisti Crozza ci dice che siamo stupidi e stupide perché ce lo mettono in culo e nemmeno ce ne accorgiamo.
Per cui la satira non è certo su chi lo mette, ma sempre e solo su chi lo piglia, che non fa niente per non prenderlo.
Rimaniamo dunque all’interno di un orizzonte valoriale fallocentrico, patriarcale e maschilista.
Adesso il cazzo in culo è un simbolo su cui si basa l’equilibrio di potere tra maschi.
E’ un simbolo di sopraffazione, un simbolo di sconfitta, un simbolo molto concreto che può arrivare allo stupro individuale e collettivo tra maschi.
Nel film Niente baci sulla bocca (Francia, 1992) di André Téchiné, il pappa incula davanti a tutti gli altri maschi della banda il giovane marchettaro etero, che coi maschi fa solo l’attivo, perché ha osato scopare con la sua puttana.
Ne Il buon soldato (Italia\Francia, 1983) di Franco Brusati, il soldato di leva Picchio viene scopato da tre commilitoni per punirlo per alcune licenze che si è venduto due volte.
Il cazzo in culo è una punizione, è un insegnamento, dimostra qual è il tuo posto, chi è che conta, chi comanda che è sempre chi lo mette.
L’inculata è anche sinonimo di una gran fregatura, una sconfitta, un esito negativo e, naturalmente, la possono prendere anche le donne (nel senso figurato di prendere una fregatura).
Nell’orizzonte patriarcale però una donna inculata rimane sempre una donna, il cui scopo nella vita è quello di essere presa dal maschio.
Una donna inculata prende sì la fregatura ma quel gesto di sottomissione le è consono, non è in contraddizione con la sua essenza, anzi.
Un maschio inculato invece proprio per l’atto è meno maschio, meno uomo.
Che il culo del cazzo in culo del maschilismo sia squisitamente maschile ce lo ricordava Marziale in alcuni suoi famosi versi che affermano che la donna non ha culo ma doppia fica.
Attenzione.
Non stiamo certo dicendo che il maschilismo fa propaganda al sesso penetrativo tra maschi.
Stiamo dicendo che mentre una donna nell’orizzonte valoriale (sic) maschilista ha per sua vocazione, per sua essenza, per sua ontologia, lo scopo di essere presa, posseduta, scopata (belle e brutte ve se ‘nculamo tutte campeggiava sui muri dello spogliatoio maschile della palestra del mio liceo) per cui l’inculata è un corollario della sua teleologia ricettivo\passiva (la donna è stata creata da dio con lo scopo di fare figli e dunque di essere posseduta).
Un uomo no.
Un uomo scopa non viene scopato.
Un uomo incula non viene inculato.
Nella metafora, un uomo frega non viene fregato.
Nella dinamica dell’inculata l’aspetto negativo non è mai quello di chi incula, cioè di chi usa il cazzo, ma quello (o quella) di che viene inculato (inculata) che non impedisce la violazione, l’inserimento, lo stupro simbolico.
Perché l’inculata nel l’orizzonte patriarcale è sempre stupro.
Il cazzo in culo non è mai sesso naturale.
Non è sesso fertile, fecondo, è sesso sterile, dunque inutile.
Quando mandiamo a fare in culo non stiamo augurando la persona di essere inculata ma di andare a scopare in culo, cioè di fare qualche cosa di inutile, di versare il seme in maniera non feconda, di sprecarlo, di fare qualcosa priva di efficacia.
Di nuovo Crozza non sta stigmatizzando chi incula ma noi poveri coglioni e coglione che veniamo inculati e inculate.
La beffa oltre il danno. La mancanza di solidarietà e la rivendicazione di orgoglio dell’inculatore
Fessi voi non delinquente io.
Inutile dire che il corollario della vendetta su altri – tu inculi me io inculo una altro più indifeso (indifesa) di me – è il modo in cui il patriarcato si diffonde come un cancro.
Questa satira non è affatto satira perché non sta minimamente mettendo in discussione il potere e la sua fondazione simbolica ma sta anzi confermando chi il potere ce l’ha e chi non, e ci spiega che noi che non abbiamo il potere è giusto che sia così perché siamo inculati.
Altrimenti se avessimo il potere inculeremmo e non verremmo inculati
E insomma Crozza dice mutatis mutandis quel che aveva già detto in maniera più elegante Andreotti: il potere incula chi non ce l’ha.
(29 ottobre 2015)
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