di Daniele Santi
Il punto è che Ignazio Marino è un mastino. E’ uno che si è preso la briga di trapiantare organi nei corpi altrui con la determinazione di vincere. Una determinazione che evidentemente non ha perso nonostante i diktat di Renzi da Cuba (che era quello che si lamentava degli editti bulgari), tanto da costringere Orfini – che se dovesse perdere la partita salterà in aria insieme a tutti i suoi, poi non gli resta che Civati – ad incontrarlo dopo avere dichiarato a più riprese che non lo aveva incontrato mai. Incontro/scontro tutto interno al Pd ed al Campidoglio: Ignazio Marino ed Alessandra Cattoi contro Matteo Orfini e Stefano Esposito.
Scrive l’Huffington Post che Ignazio Marino avrebbe detto: “Io non me ne vado. Perché dovrei? Voglio proprio vedere se il Pd vota le mozioni della destra. Le vota? Bene, io a quel punto mi candido alle primarie. Non me lo consentono? Faccio una lista civica”.
Il Pd non se la vede bene, come la marchesa senza occhiali, e ha ragione. Ignazio Marino ha ancora un sacco di carte da giocare: metti che ritiri le dimissioni il 2 novembre, la prima assemblea che potrebbe potenzialmente sfiduciarlo non potrà essere riunita prima di 20 giorni, così che alla fine di novembre si troverebbe ancora lì; poi c’è la questione della sfiducia. Non è affatto detto che tutti i consiglieri Pd votino per mandare a casa il sindaco incorso nelle ire del premier e del Pd romano protagonista di errori politici che non si spiegano ai cittadini che l’hanno votato. Il risultato è che Marino potrebbe revocare le dimissioni senza passare per l’assemblea, anche se a lui l’idea piaceva. La puggnalata dei suoi in Aula Giulio Cesare avrebbe un significato simbolico straordinario che il Pd sottovaluta.
Marino potrebbe poi optare per andare avanti a colpi di delibere di giunta, rafforzando non il Pd che non lo ha mai voluto tra i piedi, ma Sel che sulla questione sta giocando intelligentemente la carta dell’alternativa anti-Orfini. Tra i quotidiani seri [sic] del nostro paese c’è chi ipotizza che Marino possa rimanere bruciato dalle sue stesse scelte dando l’impressione del politico che vuole rimanere attaccato alla poltrona. Ci sembra una valutazione fantasiosa, considerando che scelte che vanno in senso contrario Ignazio Marino (che è antipatico a tutti, ed è per lui un buonissimo segno), ne ha fatte diverse.
Il Pd da parte sua, per sfiduciare Marino in assemblea ha bisogno di 25 consiglieri che dicano “Marino Niet!”, ma ne ha solo 19, gli altri 6 non può certo cercarli da Sel e a meno di allearsi con destre fasciste e M5S di avere la maggioranza assoluta (25 su 48) nemmeno se ne parla. O meglio se ne parla, ma poi si perdono le amministrative.
Davvero un bel casino, diceva la signora sull’autobus l’altro giorno. A ragione, se lo stesso capogruppo Pd Panecaldo ha dichiarato che “a votare la sfiducia a Marino con le destre”, non ci sta.
Staremo a vedere. Certo è che la Mariniade appassiona i grandi quotidiani nazionali che pretendono di veicolare l’opinione pubblica. E questo è forse l’aspetto veramente esilarante di tutta la questione: campagne stampa articolate ad hoc sulla base di simpatie o antipatie personali o, ancora peggio, sull’onda dell’emotività pubblica per una copia in più. Quando non siano create per un’apparizione televisiva o per amicarsi un leader politico in ascesa.
(29 ottobre 2015)
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