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Roma Si Suicida: R.I.P. Ignazio Marino morto per mal di pancia altrui

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Ignazio Marino 07di Il Capo

 

 

 

 

 

Il Pd ha sacrificato sull’altare del mal di pancia (suo e altrui) il Sindaco di Roma Ignazio Marino che l’8 ottobre scorso ha rassegnato le sue dimissioni con una dichiarazione, letta mettendoci la faccia, che se fossimo stati tra i dirigenti e commissari del Pd non avremmo voluto ascoltare. Marino, abbiamo scritto per un’altra testata, ha molte colpe. Vediamole in dettaglio: ha vinto le primarie, votato con entusiasmo dagli stessi romani che dal giorno successivo al suo insediamento hanno cominciato a maledirlo; ha vinto le elezioni contro tutto e tutti, in primis contro lo stesso Pd che dopo la vittoria alle primarie ha cominciato a remargli contro con violenza; dopo essersi insediato ha iniziato a scartabellare tra i vari contratti che la precedente giunta aveva sottoscritto, ha cominciato a darsi da fare per vederci chiaro e non riuscendoci ha consegnato tutto ciò che era consegnabile alla magistratura; ha fatto esplodere lo scandalo di Mafia Capitale che, grazie alla violentissima reazione di chi se la faceva sotto, è diventata quasi una colpa di Marino stesso, perché così va l’Italia; ha affermato in numerose occasioni, tutte pubbliche, di voler cambiare Roma e di volerla finire con i privilegi e gli inciuci; ha dichiarato che avrebbe portato tutto ciò che non gli pareva corretto (cioè legale) all’attenzione delle autorità. E lo ha fatto; ha messo in pratica ciò che aveva promesso ricevendo in cambio insulti, minacce, confrontandosi con scioperi selvaggi, manifestazioni, blocco di metropolitane e taxi, mucchi di immondizi che non veninva ritirata ed il continuo martellante ed insopportabile bla bla bla dei romani ai quali si può far tutto, ma non toccare il privilegio che gli spetta di diritto in quanto romani; ha candidato – credendoci – la Capitale alle Olimpiadi del 2024; ha reso noto che le infiltrazioni mafiose erano dentro gli uffici del Campidoglio e da quel momento, da Mafia Capitale in poi, è diventatp il solo colpevole designato, tutti lo hanno indicato come colui che deve lasciare il Campidoglio, insultato e minacciato da fascisti travestiti da colombe, da manganellieri di professione buoni solo per urlare allo stadio o fare il saluto romano, da indagati per associazione a delinquere, dai vari marchini di turno, dai diballisti del M5S, da quasi tutto il Pd, da buona parte della stampa romana, dagli abitanti di una città che vuole evidentemente soffocare sotto la sua monnezza morale, preferendo al cambiamento il Tiro all’Ignazio, o al sindaco di turno (si preparino coloro che già si sentono la poltrona sotto le chiappe).

 

Avessero diretto ai delinquenti sotto accusa ed in galera un quarto degli insulti diretti a Marino.

 

Il discorso di addio di Ignazio Marino, che pubblichiamo di seguito, è diretto principalmente ai dirigenti del Pd che hanno operato il pressing negli ultimi giorni affinché il Sindaco ora dimissionario, si togliesse dai piedi. Fossimo in loro rifletteremmo, e non sulla base di mal di pancia.

 

 

“Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso. Quella sfida l’abbiamo vinta insieme. In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire. I risultati, quindi, cominciano a vedersi.  

Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico: siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha reagito.  

Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni.  

Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune. Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere.  

Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio.  

 

Il futuro di Roma potrebbe chiamarsi Marchini, o Alessandro Di Battista o Giorgia Meloni, o addirittura un altro genio della politica della Capitale perché trattasi di città dove nasce un genio al giorno, così che tra le varie opzioni politiche possibili speriamo che tutti gli attori in campo, anche quella già preda dell’orgasmo dell’elezione vinta, vogliano pensare anche a quella del futuro della città. Che va molto più in là del mal di pancia di oggi. Certo, abbiamo poche speranze.

 

 

Nel frattempo di seguito, per gradire, alcuni dei commenti dalla pagina Facebook di Ignazio Marino.

 

 

Ignazio Marino Dimissioni Commenti Facebook

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(9 ottobre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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