di Giovanna Di Rosa
L’Isis ha attaccato in territorio turco massacrando giovani turchi di etnia curda che stavano preparando un intervento umanitario a Kobane, città curda ai confini con la Turchia, così che Erdogan non poteva proprio fare a meno di attaccare postazioni dello stato islamico in Siria. Lo ha fatto senza nemmeno chiedere il permesso a Bashar Al Assad, ha soltanto avvertito la Nato.
Non bastassero gli attacchi dell’Isis anche il cessate il fuoco con il Pkk è finito e questi ultimi non c’hanno pensato due volte a far fuori alcuni membri delle forze di sicurezza turche nel sud del paese. Così che Erdogan è andato alla guerra.
Contro l’Isis e contro le azioni terroristiche del Pkk. Questi ultimi, se sconfitti o identificati internamente come un pericolo per la sicurezza nazionale e la democrazia, servirebbero al dittatore turco in disgrazia ( sono proprio i Curdi quelli che lo hanno messo politicamente sulla graticola) per vincere o cercare di vincere le prossime elezioni generali che potrebbero essere molto più vicine di quanto Erdoagn faccia intendere, considerando che tutte le opposizioni possono metterlo in minoranza quando vogliono avendo ora la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento. Erdogan non è interessato alle sorti della Turchia: è interessato alle sorti della Turchia solo se vi è comunione tra esse e la soddisfazione della sua smisurata ambizione personale. Erdogan vede il destino del suo paese strettamente legato a quelli della sua presidenza. E di conseguenza agisce.
I Curdi, da parte loro, dopo il successo elettorale dei mesi scorsi, non stanno dimostrando una grande capacità strategica; gli attacchi terroristici del Pkk non fanno che aumentare il sentimento anti-curdo che rischia di restituire su un piatto d’argento i voti persi dal leader islamista che ha cancellato Atatürk e l’eredità laica della Turchia.
(28 luglio 2015)
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