
di Giancarlo Grassi
Più di ventimila persone hanno manifestato nel pomeriggio del 30 giugno ad Atene in piazza Syntagma, a favore del “Sì” al referendum del 5 luglio, indetto da Tsipras per dimostrare all’Europa che ha gli attributi. Domenica il popolo greco voterà se accettare o respingere le nuove proposte dei creditori internazionali.
I manifestanti si sono radunati davanti al parlamento greco occupando anche buona parte della grandi strage che convergono sulla piazza. Il “Sì” al referendum voluto in fretta e furia da Tspiras (che ha ricevuto il sostegno in parlamento dei neonazisti di Alba Dorata, per noi una ragione sufficente a non sostenerlo), è sostenuto dai leader europei, dallo stesso presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker e, pare, anche da alcuni ministri dello stesso governo tsipras che starebbero esercitando pressioni al di fuori del match pubblico tra Grecia e UE affinché le trattative riprendessero.
Tsipras (che continua a trattare con l’UE nonostante l’integralismo propagandistico che manifesta in pubblico a beneficio del suo elettorato comunista) con il referendum del 5 luglio si gioca la poltrona, e ne è consapevole, anche se parla di una sua eventuale uscita di scena come di una minaccia nefasta per il suo paese, ed accusa l’UE di avere affondato il governo di “unità nazionale” greco, che di unità nazionale non è mai stato essendosi dovuto Tsipras alleare con un piccolo partito nazionalista di destra perché non aveva voti sufficenti per formare n governo, ed ha avuto la poca intelligenza politica di spiegare che il referendum non ha niente a che vedere con l’uscita o la permanenza dell’euro. Come gettarsi la zappa sui piedi.
Le foto della manifestazione mostrano le numerose bandiere dell’UE sventolate dai manifestanti. Frattanto, non avendo rispettato i termini di pagamento con il FMI del debito di 1,2miliardi di euro contratti, la Grecia è tecnicamente in default con l’organismo internazionale.
Poco prima della manifestazione per il “Sì”, altre ventimila persone avevano manifestato per il “No” al referendum al grido di “non pieghiamoci ai creditori”. Perché i debiti, è noto, non sono da onorare.
(1 luglio 2015)
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