di Il Capo
Abbiamo letto ieri pomeriggio (8 giugno) un post che ci ha inquietato. Si trattava di un post corredato di foto, naturalmente sennò che post è, che affiancava una foto del Gay Pride di Verona e diceva “7000, noi” ad una foto della Sentinelle in Piedi, “30, loro”.
Il post è la sintesi della profondità del ragionamento politico di certo attivismo da scuola elementare. Della ricerca del consenso senza capacità di dialogare con l’avversario (che è quello da convincere). Del giudizio e del sono più bravo io a portare gente, come se la storia di questo paese non avesse dimostrato tutta l’inutilità di portare gente in piazza senza un progetto politico (è triste ma è così). E’ simbolo di un’arroganza tutta italiota, che è incapace di cercare il dialogo sulla base dell’uguaglianza. Tanti altri post abbiamo visto: quelli che dicevano “Dalle Sentinelle in Piedi non abbiamo nulla da imparare”, (e meno male. Ma c’è poco da vantarsi), siamo famiglie di tutti i colori, cioè migliori della altre.
Ciò che queste manifestazioni-esternazioni continuano a trasmettere è un inutile senso di superiorità e di comunicazione a senso unico con i proprio associati-partecipanti che non porta davvero nulla alla causa dell’uguaglianza. Finché la comunicazione non sarà diretta verso gli avversari della parità di diritti e non sarà cnvicente – posto che non si deve convincere tutto un popolo – i risultati saranno sempre pochi, perché sono gli indecisi che valutano ciò che una manifestazione mostra di sé.
La tolleranza è un esercizio sociale utile, ma parte da noi stessi, finché quel “noi stessi” giudicherà gli altri e mettendosi su un piedistallo perderà. Anche se alle sue manifestazioni pubbliche fossero 3 milioni. Il dialogo si costruisce con l’avversario. E’ attraverso questo semplice gesto di umanità che si aprono le acque.
Ma cosa lo scrivo a fare…
(9 giugno 2015)
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