di Il Capo
Riflettevo sulla questione scuola qualche giorno fa quando a cena con una coppia di grandi amici ed il loro nipote diciassettenne, un ragazzino sveglio: inglese fluente, frequenti viaggi, sportivo, standard di vita medio alto; essendo noi presi dalla bellezza del paesaggio e dai ricordi di quando i prati verdi erano anche popolati da vacche al pascolo che ruminavano e muggivano, sono rimasto colpito dal notare che il sedicenne non era in grado di legare la mucca al pascolo, il pascolo al cibo della mucca, e le due cose alla produzione del latte in termini di causa ed effetto.
Non vedeva insomma connessione tra la mucca all’aria aperta ed il latte fresco. E come dargli torto, se qualche giorno prima avevo assistito al rito – ridicolo! – dei compiti a casa dei miei nipoti preadolescenti e tutto quello che riuscivo a vedere erano schede in cui spuntare la risposta giusta oppure vero/falso.
Alla mia domanda se facessero riassunti o scrivessero temi in classe la risposta di entrambi è stata no, informandomi ulteriormente ho scoperto quindi che non solo non scrivevano, ma venivano anche ignorate cose elementari come il racconto, l’elaborazione di concetti in classe, insomma nulla che vada al di là delle schede.
Io sono vecchio. E i metodi di studio nuovi. Sarà colpa mia.
Ora il Primo Ministro se ne esce con questa ennesima, necessaria, riforma della scuola che premia il merito dei professori, istituisce la chiamata diretta, permette al Preside di premiare il merito degli insegnanti, fornisce strumenti altri come la musica e la storia dell’Arte e via innovando dopo il ventenno sfascista del giovine ottantenne appena assolto e delle complicità di coloro che ora si definiscono riformisti del Pd.
Vedremo dove tutto ciò andrà a parare, se andrà a parare da qualche parte.
La domanda è cosa faremo delle generazioni che ci siamo fottuti in passato. Con rispetto per la parola fottuti.
(13 marzo 2015)
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