33.1 C
Milano
33 C
Roma
Pubblicità
Roma
cielo sereno
33 ° C
33.9 °
29.8 °
40 %
4.1kmh
0 %
Ven
33 °
Sab
37 °
Dom
36 °
Lun
36 °
Mar
36 °

POLITICA

Pubblicità

ALTRA POLITICA

Pubblicità

ESTERI

Pubblicità
HomeCopertinaIl Manganello de La Karl du Pigné: La Cospirazione

Il Manganello de La Karl du Pigné: La Cospirazione

Pubblicità
GAIAITALIA.COM NOTIZIE anche su TELEGRAMIscrivetevi al nostro Canale Telegram
GAIAITALIA.COM NOTIZIE su WHATSAPPIscrivetevi al nostro Canale WHATSAPP

La Karl Du Pigné 03di La Karl Du Pigné

Nel 2006 ho scritto un articolo molto fantasioso sulle drag queen e una nostra presunta cospirazione ai danni del mondo glbt (sigla che dal 2006 si è arricchita di altre due lettere e che ora viene comunemente indicata come lgbtqi) che ritengo molto attuale anche ai nostri giorni. E’ infatti con orrore che noto che all’interno della comunità si è aperta da tempo una frattura fra coloro che credono che essa debba rappresentare la natura varia delle persone che ne fanno parte, altri invece che anelano a una comunità più “seria”, più “normale”, di fatto dando piena cittadinanza ad alcuni e invece criticando la vita e il modo di essere “fuori norma” di altri. Su questo la mia posizione non è solo certa, è inequivocabile e considero il tentativo di normalizzare la questione lgbtqi un puro atto di follia. Questa diatriba si esaspera ancor di più nella stagione dei Pride. Ogni anno i benpensanti repressi, etero o gay che siano, tuonano contro le carnevalate delle nostre manifestazioni additando tutte e tutti coloro che sfilano liberamente e come meglio credono, incolpandoci di svilire anche politicamente il movimento. Insomma, è colpa nostra se non ci prendono sul serio e se la conquista dei diritti diventa difficile, se non addirittura impossibile. Già nel 2006 fui solleticata e sollecitata ad affrontare il tema sempre aperto di quanto la comunità dovesse essere visibile in tutte le sue forme, anche quelle più bizzarre ed estreme, e affrontai il problema a mio modo, in maniera paradossale. Mi rendo conto che dopo otto anni la madre dei cretini continua a sfornare prole senza prendersi un attimo di riposo. A parte qualche piccolo rimaneggiamento per attualizzarlo, l’articolo è rimasto pressoché identico. Nello spirito di Stonewall. Spero che i benpensanti, etero o gay che siano, se ne abbiano molto a male. Sempre nello spirito di Stonewall.

LA COSPIRAZIONE

La comunità lgbtqi ammutolita per l’esecrabile attacco maturato nel torbido mondo delle drag queen.

Era ormai certo, non si trattava più di piccole celle isolate. Fonti vicine al Ministero dell’Interno lo confermavano: le drag queen erano oramai da ritenere una scheggia impazzita del movimento lgbtqi. I servizi segreti scoprivano ogni giorno connivenze fino a pochi tempo prima impensabili: con le transessuali, addirittura con le faux queen e i drag king. Bande fino a ieri nemiche si alleavano. Il potere tentava di limitare i danni e arginare un problema che ogni anno, all’arrivo del Gay Pride, cresceva in maniera esponenziale. Agenti infiltrati, intercettazioni ambientali, qualche pentito e soldi, tantissimi, di dubbia provenienza, fecero di quella inchiesta una delle più lunghe, articolate e difficili della Repubblica degli anni novanta. Tutto era iniziato in quel lontanissimo 1994, in occasione del primo raduno gay a Roma. Sotto controllo allora i telefoni delle associazioni gay romane e milanesi. Intercettazioni parziali, mezze parole captate dall’intelligence, messaggi criptati che davano un quadro preoccupante di ciò che di lì a poco sarebbe accaduto: “Viene anche la Marlene…. Si, si, tacco 12 …. porta il “boa”…. copriti la barba, nessuno ti riconoscerà ….”. Spezzoni in codice che già prefiguravano la fase embrionale del primo piano eversivo che iniziava a minare il movimento lgbtqi. La task force del Ministero degli Interni tentò di tenerli a bada. Vennero incrementati i controlli sulle strade, nelle discoteche, addirittura nei bagni pubblici di tutta la penisola. Ma il gruppo si estendeva a macchia d’olio, crescendo nell’humus di un sottobosco inesplorato e difficile da stanare: Foggia, il bacino infinito della Sicilia e poi cellule silenti a Caserta, Padova, Alba Adriatica, Moncalieri e naturalmente le avanguardie di Rimini, Torre del Lago e Roma. Con la complicità di squallidi talent scouts da quattro soldi, iniziarono ad esibirsi dapprima in discoteche di terz’ordine, nelle balere della Romagna, poi pian piano si ramificarono, si moltiplicarono ed arrivarono lentamente ma inesorabilmente nei pub, nei lounge bar, nei ristoranti à la page, non disdegnando lo zoccolo duro e rivoluzionario degli androni dei palazzi nobili dove si esibivano per gli addii al nubilato e al celibato delle figlie e dei figli delle portiere. Assunto il potere, ormai fuori controllo, arrivavano dove volevano, annichilendo anche i poteri forti e con sottile persuasione occulta in tv, nelle università dove, irriverenti, tenevano addirittura lezioni! Il fenomeno divenne mondiale, le loro grandi mani maschili con unghie ad artiglio arrivarono in ogni luogo del pianeta. New York, Shangai, Londra, Tokyo: erano sempre loro le vedettes, al seguito dei più famosi stilisti e delle griffes più affermate. Si allearono in un patto di sangue con il mondo trans: moltissimi i casi di transessuali fermate per spaccio internazionale di siliconi, ciglia finte e stivaletti fetish misura 44.

Un fiorente mercato in mano ai cinesi per le parrucche, ai marchigiani per le scarpe, ai napoletani per le borse e le valigie, ai sardi per le scarpe ortopediche in sughero, rende ormai più del riciclaggio del denaro sporco o del traffico delle armi. Le drag queen arrivano nei gangli del potere, nelle istituzioni, piano piano, facendo la gavetta. Sono giornalmente in tv, loro, le trans, i trans, i transgender e tutto il delirio delle loro sigle, meno i gay e le lesbiche, parlano di modi di vita differenti e chiedono parità, diritti negati, dignità per il loro modo di essere e di pensare.

Diventano un fatto di costume, accattivanti e, pare a tutti, innocue. Niente di più falso: in realtà si diffondono come un cancro maligno all’interno della società e, cosa più preoccupante, una metastasi all’interno della comunità lgbtqi. Nascostamente fanno proseliti, li portano di notte in ville ed appartamenti sperduti e li iniziano con i simboli propri della loro loggia: il kajal, la lacca, i glitter, l’eye-liner. Inscenano processioni rituali e ripetono pedissequamente gesti e cori: chi ne è uscito, dopo anni di psicoterapia e, nei casi più disperati anche sotto protezione, racconta, non senza difficoltà, delle nenie e dei rituali con canzoni della Carrà, della Rettore, di Lorella Cuccarini e, tanto per testimoniare che il fenomeno non è solo italiano, le connessioni con gli Stati Uniti ( Whitney Houston, Beyoncè, Lady Gaga), il Sud America (Shakira), l’Estremo Oriente (Angunn), l’Oceania (Kylie Minogue), tutte ovviamente iscritte alla loggia.

Parte dall’India il primo attacco informatico. Attraverso una innocua email che pubblicizza sari indiani a basso costo, di cotone mercerizzato, dai colori sgargianti e disponibile fino alla taglia 60, il Comitato Globale delle Drag Queen lancia un virus che cancella le memorie degli hard disk di mezzo mondo e installa un programma a prima vista innocuo ma che nasconde migliaia di messaggi subliminali. Milioni di persone restano appiccicate allo schermo del computer e subiscono, ora dopo ora, una lenta ma inesorabile trasformazione.

Vanno a ruba le parrucche modello Moira, Elvira e Cher. In Cina la famosa attrice Gong Li viene inseguita da un’orda inferocita che le stacca a coltellate lo scalpo per dividersi un’esile extension di capelli neri e fini. A Shangai un hacker riesce a isolare il virus e lo chiama Deborah (che in cinese si pronuncia Debola, richiamando un altro virus altrettanto mortale).

Come in un mondo attaccato dagli alieni, migliaia e migliaia di persone vagano ormai senza casa e senza meta, solo alla ricerca di un pub dove esibirsi, di un palco dove zompettare, di un occhio di bue dal quale farsi illuminare, di un microfono dal quale poter cantare una delle canzoni della Drag Compilation ufficiale.

Dall’alto del loro rifugio in Svizzera (che fa troppo chic e fa sentire tutte un po’ Diabolik un po’ Eva kant e, per gli aficionados, anche un po’ Mina) le organizzatrici di questo complotto mondiale teso soprattutto a screditare il movimento e tutti i gay e le lesbiche e le loro associazioni di riferimento, controllano il disfacimento della società, attorniate da gogo boys in catene, direttori artistici ridotti a poveri scendiletto, proprietari di discoteche improvvisati giullari di corte, giornalisti di gossip e di costume costretti a portare messaggi inutili da un salone all’altro su tacchi 18.

Sedute sui loro troni le Papesse del nuovo Millennio, le distruggitrici del movimento lgbtqi, le cannibalesse dei propri fratelli e sorelle, silenziose e ieratiche, comunicano senza parlare. L’onda del pensiero drag, delle nuove prefiche del terzo millennio, si espande malefica sulle terre e le acque e la sua forza devastante non risparmia nessuno. Atterriti, gli ultimi gay in giacca e cravatta, le ultime lesbiche senza anfibi e pantaloni militari e uno sparuto gruppetto di transessuali in pelliccia di volpe argentata tentano la fuga e chiedono asilo politico in Città del Vaticano, l’ultimo baluardo a difesa di una vita morigerata, seria e soprattutto normale. Nell’ombra, gli ultimi poveri gay vestiti con completi classici di Corneliani si riuniscono di nascosto, come i cristiani nelle catacombe. Il movimento è morto, le drag queen, le travestitelle e le immmoralissime transessuali hanno vinto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(27 giugno 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©La Karl Du Pigné
©gaiaitalia.com 2014
diritti riservati
riproduzione vietata

 

 

 

 

 

Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)

Torino
nubi sparse
29.5 ° C
29.9 °
27.7 °
47 %
2.8kmh
45 %
Ven
28 °
Sab
29 °
Dom
29 °
Lun
28 °
Mar
29 °
Pubblicità

LEGGI ANCHE