di Rosario Coco twitter@RosarioCoco
Il messaggio che il Senato e il bicameralismo perfetto siano i bersagli fondamentali da abbattere per portare l’Italia in acque migliori è ormai passato. E, purtroppo, ci credono in molti.
Il bicameralismo perfetto è certamente un meccanismo perfettibile. Ma imputare ad esso i difetti e le mancanze della politica negli ultimi venti anni è come lamentarsi dell’arbitro quando si perde 10 a 0.
Se poi, nell’ansia delle grandi “riforme” proclamate a suon di fanfare, chi si lamenta dall’arbitro si mette in testa di cambiare le regole, è quasi matematico che ne faccia di peggiori. E qui, nostro malgrado, sembra inesorabilmente avere ragione chi pensa ad un preciso disegno sotterraneo dietro questo affannoso mettere mano all’architettura della nostra Repubblica.
Di fatto, non ci sono dubbi, l’ultima bozza di riforma produrrebbe una sterzata fortemente dirigista del nostro Paese (è quello che ci serve?) e, dulcis in fundo, darebbe vita ad un Senato ininfluente su fiducia al governo e bilancio, di nomina e non più di elezione e che mantiene per altro l’immunità dei propri componenti.
Insomma, rotta verso il presidenzialismo, riduzione della rappresentanza democratica e, altresì, via libera alla discarica dei corrotti. Questo è.
I quattro slogan di Renzi erano «No voto di fiducia» – «no voto sul bilancio» – «No elezione diretta» – «No indennità per i senatori». Guarda caso cade proprio l’indennità, mentre gli altri non fanno che produrre un organismo di facciata.
Abbiamo delle regioni con la massima autonomia, se vogliono, abbiamo la conferenza Stato-Regioni, abbiamo Deputati e Senatori che provengono (quando se lo ricordano e nonostante le liste bloccate) dai propri territori. Ci serve anche il “Senato delle Autonomie?
Poniamo anche dovesse servire, ma voi immaginate i consigli regionali che eleggono questo “Senato delle Autonomie” al loro interno, con l’acquolina in bocca per il fatto che potranno piazzare i Cosentino, i Fiorito e i Penati di turno nel Pantheon degli immuni?
Senza parlare del deficit democratico. La prima bozza di riforma prevedeva un 28% di senatori “scelti” dai cittadini (i 20 presidenti delle Regioni, i 20 sindaci delle città capoluogo e il presidente della provincia di Trento), la seconda non ne prevede nemmeno uno. Ergo, i senatori saranno tutti scelti dai partiti e dai consigli regionali tra i consiglieri regionali. Con l’acquolina in bocca di cui dicevamo prima.
Si ricorda inoltre alla gentile clientela (ops, volevamo dire ai cittadini) che sono 17 su 20 le Regioni con consiglieri indagati; si calcola che debbano essere tra i 300 e i 521.
Di fronte a tutto questo, arriva lo scatto d’orgoglio di Calderoli: allora l’indennità aboliamola anche alla Camera. Beh, avrebbe anche ragione, peccato che sembra ricordare la scena del famoso (ahinoi) film di Albanese, “Qualunquemente”, quando l’ispettore nel bar del paesello chiede uno scontrino e tutti sbiancano piombando in un silenzio tombale che ferma ogni batter di ciglio nel raggio di chilometri.
A questo proposito: Renzi sta riformando il Senato della Repubblica con il condannato Berlusconi e con l’autore del Porcellum, la legge porcata bocciata anche dalla Corte Costituzionale.
Ma non c’era proprio nulla di meglio sulla piazza?
Insomma, verrebbe da dire, se per vent’anni abbiamo giocato con Berlusconi, Calderoli e altri illuminati padri riformatori, sarà forse colpa dell’arbitro e delle regole se perdiamo? Caro Renzi, almeno “convoca” qualcun altro.
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