di Daniele Santi
Capita che il 25 aprile, anche se dì di festa, qualcuno lavori e debba muoversi, per ragioni legate alla sua professione per tutta la capitale, da un capo dall’altro della capitolina metropolitana, più volte.
Capita che il 25 aprile, dì di festa, la linea A della capitolina metropolitana sia invasa da orde di barbari in estasi giunti da ogni dove per festeggiare la beatificazione di due papi e che nel loro fervore, nella loro estasi, nella catarsi del momento, nell’orgasmo oseremmo dire, si dimentichino di non essere soli e si parino come immobili eletti, quasi monolitici, di fronte alle porte di uscita dei treni impedendo a chi deve uscire di farlo, rendendo ancora più caotico il già caotico traffico metropolitano della Capitale. O si parino in gruppi di decine e decine sulle scale di salita o discesa, impedendo l’umano cittadino fluire. Come se fossero a casa loro.
Indossano magliette colorate, chiamano loro stessi “Police”, sono i guardiani della romana monoteista chiesa, hanno ascelle melodoranti, ma l’afrore porta all’estasi, poco importa se chi ti stia vicino debba sopportarti. Spingono come ossessi, zainetti strapieni sulle spalle che ti sbattono in faccia senza chiederti scusa, togliendo spazio ad una persona in più sul treno, cantano a voce altissima: perché sono tra loro, sono soli. Loro e l’Altissimo. Pazienza se esitono anche gli altri. Magari son anche non credenti. Meglio non pensarci.
Sono i monoteisti fanatici in festa in una città laica che li accoglie e per la quale non dimostrano nessun rispetto.
Sono polacchi, slavi, austriaci, americani, italiani, spagnoli, sudamericani. Sono suore che si fanno i fatti tuoi, giovani adolescenti in gruppi enormi che gridano alla disorganizzazione romana quando un treno arriva già strapieno, poco importa che in città vivano quattro milioni di persone, sono i monoteisti fanatici che invadono Roma.
E se qualcuno pensa che stiamo giudicandoli per la loro fede sbaglia, stiamo contestando la loro insopportabile maleducazione.
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