di Daniele Santi
Siamo rimasti a bocca aperta arrivando alla Magliana sabato pomeriggio. Era il momento di ricordare Daniele Fulli con le lacrime agli occhi, di ricordare che c’era stato un assassinio, di arrivare sul luogo del ritrovamento del corpo di Daniele per depositarvi fiori.
E c’era tutto un quartiere insieme a coloro che credevano sarebbero stati in pochi: tutto un quariere che si è stretto attorno ad un amico, una “persona buona che era sempre presente quando c’era un problema”, un amico “a cui volevo bene”, un “amico bugiardissimo che chiamavo cacabugie, ma gli volevo tanto bene”.
Ad Imma Battaglia si spezza la voce mentre ricorda Daniele, al presidente del Municipio anche mentre annuncia che il Parco “che tra mille difficoltà” si sta costruendo nella zona sarà intitolato a Daniele Fulli, “perché nessuno dimentichi”.
L’intervento di Vladimir Luxuria è puntuale e preciso come una freccia che centra il bersaglio.
Il presidente di Arcigay Flavio Romani chiede ad un amico che lo sta abbracciando “Cosa sta succedendo a Roma?”, il quale gli risponde secco “E’ l’eredità dell’intolleranza di Alemanno”. Pensiamo che se fosse così sarebbe semplice, si dicono tante cose quando si è preda del dolore. Non è Alemanno il problema. Il problema è la cultura di cui è stato e continua ad essere portatore.
Ce ne andiamo. Siamo ancora in tanti e sta facendo buio. Abbiamo il cuore gonfio. Ancora una volta stiamo sperimentando che la gente comune, quella che il mondo lo porta avanti tra mille difficoltà, è immensamente più civile, tollerante e comprensiva di coloro che governano.
Ed al nostro ritorno scopriamo che mentre la gente del quartiere dove Daniele viveva, manifestavano il loro affetto e la loro civiltà, Angelino Alfano continuava ad aizzare le folle – le sue – contro il matrimonio gay che nessuno chiede.
Non è davvero più il tempo di avere questa gente al potere.
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