di Alessandro Di Silvestro
E’ stato aggredito, in pieno centro di Roma, mentre tornava a casa.
Per la stampa italiana, che ha riportato la notizia in seguito al comunicato stampa del Gay Center, Valerio Martello, studente universitario di 20 anni, è stato aggredito perché gay. Perché per la stampa evidentemente basta la parola, che invece, a ben pensare, non spiega niente.
Abbiamo contattato Valerio che ha risposto volentieri e con franca cordialità alle nostre domande. Dalle sue risposte si evince che prima ancora di essere gay Valerio è una persona, con una propria vita, dei propri interessi, uno spiccato impegno civile e sociale, e un vissuto fatto anche di discriminazione.
Se diamo voce alla sua storia non è per ingrossare le fila della lamentazione vittimistica. Normalmente di una vittima di aggressione omofobica se ne ignora la cifra umana, ridotta alla sola aggressione, come se la sua persona fosse espressa tutta in quella cifra di odio e violenza, intollerante e intollerabile.
Se abbiamo contattato Valerio è per farci dare con le sue stesse parole una testimonianza che sia un esempio anche per le altre persone vittime di odio omofobico (sperando non ce ne sarà mai più bisogno) cercando di capire cosa fare per evitare che casi del genere si ripetano e cosa fare dopo che – malauguratamente – sono avvenuti.
Che insomma le vittime rimangano persone con uno spessore e un peso umano unico.
Valerio ci ricorda a testa alta che parlare, denunciare, è sempre meglio che rimanere nascosti o in silenzio.
Ciao, e grazie per avere accettato di rispondere alle nostre domande. Comincio col chiederti: come stai?
Ciao. Ad oggi sto meglio rispetto al giorno dopo l’aggressione. Certo, non ti nego, che quel pizzico di paura rimane, ma penso che sia più che normale visto l’accaduto.
Ci vuoi raccontare cosa è successo?
Il 12 Dicembre 2013 alle 20.45 sono stato vittima di un’aggressione omofoba da parte di uno sconosciuto. L’aggressione ha avuto luogo in Via Pietro Micca. Il tutto è iniziato quando un ragazzo, forse italiano, mi ha urlato la parola “Frocio” e mi ha spintonato a terra facendomi cadere a terra anche il cellulare e gli occhiali. Essendomi subito accorto di non avere più addosso gli occhiali, cerco di recuperarli e di rimettermeli per capire se avesse intenzione di peggiorare la situazione o meno. Mi giro verso di lui e lo vedo correre verso di me. Allora mi sono messo a correre fino al commissariato Esquilino. Il ragazzo sui trent’anni ha continuato a seguirmi fino al commissariato. Arrivato al commissariato, ho chiamato i miei genitori ma non sono venuti. Allora ho chiamato una mia amica ed è subito intervenuta. Non smetterò mai di ringraziarla.
Cosa hai pensato quando hai visto che la gente non è intervenuta?
Ho pensato che molto spesso la gente non interviene per non ritrovarsi nei casini o chissà che cosa ma se andiamo ad analizzare la società ipotizziamo che ogni singolo cittadino avrebbe l’obbligo morale di soccorrere ogni suo concittadino in quanto un domani potrebbe trovarsi anche lui nella stessa situazione.
Sei soddisfatto da come la stampa ha riportato la notizia?
La stampa ha riportato la notizia come è stata denunciata da me al Gay Center però i titoli sono stati un po’ troppo etichettanti, come “Picchiato perché gay”. Forse il titolo ideale poteva essere “Nuovo atto di omofobia nel centro di Roma” oppure “Nuova denuncia di violenza al Gay Center” cercando di etichettare il meno possibile le persone come gay. La stampa sceglie questi titoli anche perché il ceto di lettori è basso e quindi deve essere comprensibile a tutti e poi perché deve essere un titolo ad effetto che deve colpire molto i lettori.
Qual è stata l’accoglienza della polizia?
La polizia mi ha accolto a braccia aperte quando sono andato a fare la denuncia. Diciamo che dei punti da migliorare ci sono. Per esempio potrebbero migliorare il rapporto con le persone che sono vittime di violenza più di quanto lo è ora.
In che senso?
Bisognerebbe istituire un servizio di assistenza psicologica presso i commissariati principali di Roma e qualora ci fossero violenze omofobe, bisognerebbe trasportare la vittima e fornire supporto.
Come sei stato nei giorni immediatamente successivi all’aggressione?
Nei giorni successivi all’aggressione sono stato male in quanto preso dall’agitazione e dallo shock. Avevo paura ad uscire di casa e ancor di più a passare su quella strada anche di giorno. Il ricordo dell’accaduto mi ritornava in mente ogni volta che guardavo dalla finestra di casa mia il punto esatto dove è avvenuta l’aggressione.
E ora?
Ora diciamo che le cose sono migliorate. Dopo una decina di giorni dall’accaduto ho fatto il grande passo di provare a passare sulla strada e vedere che sensazione provavo. Ho provato una sensazione di conquista, come se mi sono riappropriato della strada. Che bella sensazione!!!
Ci sono stati altri episodi omofobici nella tua vita?
Sì. Dal 3° al 5° anno delle Superiori sono stato preso di mira da un gruppo di cinque ragazzi che mi facevano del bullismo psicologico mirato, in modo intrinseco, alla mia omosessualità. In 5° anno sono arrivati a farmi delle minacce e lì non ci ho visto più e ho segnalato il tutto al Dirigente Scolastico il quale non ha emesso alcuna nota disciplinare o altro. E’ andato a finire tutto nel nulla.
Hai trovato una scuola sollecita a intervenire quando eri vittima di episodi di discriminazione ?
No, anzi. I professori, per questi 3 anni di Superiori, non si sono accorti mai di niente e penso che questo mio episodio è servito loro da esempio per il futuro per saper prevenire il bullismo in tempo e non quando è ormai troppo tardi.
Di che cosa avresti avuto bisogno che non è stato fatto?
Avrei avuto bisogno di professori che individuavano il problema senza la mia segnalazione.
E’ più importante la solidarietà in famiglia o a scuola?
E’ più importante la solidarietà a scuola perché vissuta in gruppo.
La tua famiglia ti è stata vicino dopo l’aggressione?
No. La mia famiglia non mi è stata vicina dopo l’aggressione. Ancora mi chiedo il perché e mi chiedo anche se sarebbe andata peggio se fossero intervenuti.
Consigli di fare sempre coming out?
Il coming out è una scelta personale che ovviamente ci fa sentire ancora più liberi di essere così come siamo. So che nella società di oggi è difficile parlare di omosessualità, ma se un ragazzo o una ragazza si sente omosessuale non vedo perché non debba fare coming out e condividere questo suo amore con le persone a lui/lei più care. Il percorso che porta al coming out non è facile per nessuno ma, se ci si arriva, da lì in poi le cose cambiano positivamente. O almeno per me così è stato.
Quanto ti rispecchi nella figura del giovane omosessuale trendy, palestrato, attento alla moda, assiduo frequentatore di discoteche?
Non mi rispecchio nel gay trendy, palestrato e assiduo di discoteche. Invece mi rispecchio nel gay attento alla moda, vedendo il sito della mia boutique preferito circa una volta al mese ma nulla di più. Forse rientro nella media. Diciamo che non sono malato per la moda maschile.
Credi che i mass media diano spazio alla varietà dei caratteri e delle vite delle persone omosessuali?
I mass media danno poco spazio al carattere e alle vite delle persone omosessuali. Cosa che dovrebbero fare è invece eguagliare il palinsesto con programmi a cultura etero e a cultura gay. In questo modo si trasmetterebbe un cultura poco diffusa in Italia.
Da adolescente quali erano i telefilm che guardavi?
Da adolescente, ma anche tutt’ora, vedevo la serie Glee. Glee è una serie televisiva statunitense che parla di un gruppo di studenti uniti dalla passione del musical. In questa serie si parla anche dei problemi sociali, adolescenziali, dei primi amori ma anche della sessualità (etero e gay). Insomma una bella serie carica di emotività e insegnamenti per la vita.
C’erano dei personaggi omosessuali o bisex? Riuscivi a identificarti in loro?
Nella serie televisiva ci sta Kurt. Kurt è un ragazzo gay molto snob ma sicuro di sé. Nelle puntate della serie, si vede tutto il percorso che ha portato Kurt al coming out. La cosa più bella è l’amore che si è creato tra Blaine e Kurt. Un amore indissolubile tra il musical e la scuola. Io, in tutto questo, ho preso ciò che poteva adeguarsi alla mia persona e ne ho fatto esperienza.
L’orientamento sessuale quanta importanza ha nella tua vita? Quanto spazio occupa?
L’orientamento sessuale ha poca importanza nella mia vita. Occupa poco spazio anzi direi quasi per nulla. Le mie priorità sono aiutare il prossimo e stare bene con me stesso.
Ti va di parlarci del tuo impegno nel volontariato?
Certo. Io sono impegnato dal Giugno 2012 all’interno del Gruppo Giovani dell’Avis di Roma per sensibilizzare la donazione di sangue tra le persone. E da poco più di 15 giorni sono diventato Coordinatore del Gruppo Giovani dell’Avis di Roma. Avis è un’associazione che ti fa sentire a casa sempre ed è come una seconda famiglia.
Hai qualche consiglio da dare a chi – speriamo di no – potrà trovarsi nella tua stessa situazione di persona aggredita e vessata per biechi motivi omofobici?
In caso vi trovate vittime di un’aggressione omofoba, vi invito a parlarne apertamente dell’accaduto con le persone con cui avete molta fiducia. Sono sicuro che loro vi capiranno e vi staranno accanto. Io sono andato alla polizia e ho denunciato l’accaduto al Gay Center ed è uscito su tutti i giornali, alla radio, ai tg regionali dell’accaduto. Io me la sono sentita di procedere così anche perché ho notato che parlare ti libera e ti aiuta ad avere meno paura.
Dopo averci ringraziato per l’intervista (lui ringrazia noi, capite?) Valerio ha augurato a tutti (e tutte) un Buon Anno Nuovo.
Non ci rimane che unirci a lui!
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