di Daniele Santi #Azzurri twitter@gaiaitaliacom #Sport
Le ultime imprese sportive in ordine di tempo, dal bronzo nei 3000 siepi di Yohanes Chiappinelli alla straordinaria giornata del nuoto, fino all’impresa sportiva di Simona Quadarella che vince tre ori agli Europei di #Glasgow2018, per arrivare alla rabbia di Tortu di fronte alla delusione sui 100m. Poi le altre imprese sportive, da Codia a Margherita Panziera, a Vergara, a Castiglioni, a Fausto Desalu che si migliora di quaranta centesimi sui 200metri piani in tre turni di gare a fa 20″13 in finale (secondo tempo italiano di sempre), ci insegnano – e marcano – la grande differenza che esiste tra l’Italia rappresentata dall’orribile teocrazia pentaleghista al governo, l’Italia lamentosa, che pretende tutto e subito e lo vuole subito e tutto perché l’ignoranza è un diritto e siccome respiro voglio e quell’altra Italia che conosce la costanza dello sforzo, dell’applicazione quotidiana, continua, attenta ai dettagli che esplode poi in risultati clamorosi e straordinarie soddisfazioni sportive che portano i risultati che vediamo. Quella che produce ricchezza e non la pretende: se la guadagna.
Avevo un amico in gioventù, praticavamo sport insieme a discreti livelli, che manifestava sempre verbalmente quanto lo sport fosse un maestro di vita, salvo poi utilizzare mezzucci, nonostante il suo grande talento, come lo sgomitare, per guadagnarsi il posto al sole che un suo maggiore impegno gli avrebbe regalato (era considerato più che una promessa, ma si rovinò da solo. Io, che di talento ne avevo molto meno, scelsi un’altra strada. E bene feci).
Così che la sensazione che ho avuto seguendo gli European Championships in questi giorni è stata quella di vedere due Italie ben distinte una dall’altra: la prima che si sforza, si scanna, lavora fino ad annullarsi, si applica ed infine ottiene eccellenti risultati assumendosi la responsabilità di successi e fallimenti; poi la seconda Italia, quella sdoganata da Berlusconi e Bossi per intenderci: l’Italia livorosa che invidia il vicino, per la quale non esiste il talento altrui ma soltanto il proprio ego smisurato – ed esacerbato dalla propria pochezza, della quale in fondo si è sempre consapevoli – e che invece di scegliere il miglioramento personale, o almeno la sua ricerca, sgomita disordinatamente per guadagnarsi quel posto che gli garantirà tranquillità economica, se si può potere, ma soprattutto prestigio sociale, quel sentirsi qualcuno che è bisogno irrinunciabile di chi sa di non essere nessuno perché non sa andare al di là di quel poco che è.
La politica, da Berlusconi in poi, ha giocato solo ed esclusivamente su questi sentimenti negativi: sull’invidia, sull’essere nessuno che diventa qualcuno perché è nel posto giusto al momento giusto e non importa quanto risibile possa essere la sua preparazione: il M5S e la Lega di Salvini sono la coda di quel berlusconismo che a tutto quanto ha dato la stura.
Questa devastazione del paese e dei suoi abitanti ad opera di pochi dovrà finire. Dovrà scomparire questa Italia infelice che invece di impegnarsi passa il tempo a cercare di pestare qualcuno incolpando il colore della pelle, l’orientamento sessuale, l’idea politica. L’impegno a fare qualcosa invece di pretendere non si sa cosa sarebbe già il primo passo.
(10 agosto 2018)
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