
di Il Capo, #Politica twitter@gaiaitaliacom
E’ stato molto divertente seguire il 7 novembre scorso su La7 l’incontro tra Matteo Renzi mal condotto da Giovanni Floris, che è ormai la controfigura di un conduttore, e lo stesso Floris interagente con i deliziosi quattro amici al bar che hanno faticato a tenere testa al leader PD che, per quanto questo scrivente non stia imbastendo una dichiarazione di voto, ha carattere e convinzione da vendere. E soprattutto, caso rarissimo nel patetico agone politico italiano, sa quello che dice.
Con il povero Floris, abituato a fare da scendiletto ai 5Stelle, il solito Sallusti, poi Giannini, ed altro rappresentante del governicchio-ombra de l’Espresso che se vuole farsi leggere deve uscire con Repubblica: i soliti volti noti de La7 che poco disturbano Cairo e tanto fanno da contorno a Lilli Gruber.
Il segretario del PD era armato della solita determinazione, così che Giovanni Floris non ha avuto altra scelta che quella di interromperlo continuamente, così che faticasse ad articolare il suo pensiero (è vero che arginare la torrenziale verbosità di Renzi è impresa ardua), cosa che non gli ha impedito di piazzare un paio di colpi dei suoi. Mentre Floris arrancava, arrivavano in soccorso gli amici al bar che volevano cambiare il mondo, ma poi si sono fermati nelle redazioni dei giornali che è tanto più comodo, perché non devi poi nemmeno esporti troppo. Tra i partecipanti al festino c’era anche il buon Giannini, quello delle orribili trasmissioni televisive dallo share imbarazzante, pallido e teso come un morto incazzato, così pallido che nemmeno il trucco riusciva a nasconderne la tensione e che, furioso come non l’ho mai visto, ha attaccato Renzi in tutti i modi rimediandosi un ottimo “Mi rendo conto che ci sono questioni personali” che, al posto del buon Giannini, avrei volentieri fatto a meno di incassare.
Tutti zitti, Sallusti compreso, quando Renzi ha detto: “Ragazzi, volevo informarvi che mi sono accorto di aver perso il referendum…”, con il pubblico che per una volta non applaude a comando.
L’ex presidente del Consiglio aveva invitato Luigi Di Maio, in apertura di trasmissione, a rinunciare all’immunità parlamentare – Renzi non ha immunità parlamentare, non ha vitalizio, non ha stipendio da onorevole non essendosi mai presentato alle elezioni per il parlamento italiano – così da poter combattere ad armi pari con il leaderino del M5S le calunnie che da lì partono ogni giorno.
Luigi Di Maio, impegnato a fare pubblicità alla sua prossima sfida televisiva con Silvio Berlusconi (che lo farà a pezzi) non ha risposto. Ma tanto anche quella sfida non ci sarà.
Bassissimo il livello del dibattito televisivo, mantenuto su livelli di pessimo qualità e di nessunissimo approfondimento dai giornalisti che volevano attaccare e distruggere, non dibattere, ma anche dalla necessità di Floris di uniformare il livello della sua trasmissione al livello generale della rete, che è inguardabile.
Si è cambiato canale con la sensazione che il vero problema alla base dello scontro tra Matteo Renzi, il PD che a lui fa capo, ed il resto della compagine politica ed economica abbia a che fare con a sua determinazione a scoperchiare l’orrendo vaso di Pandora rappresentato dalle banche italiane e dai rapporti che con le banche ha certo capitalismo italiano che ha investito anche in informazione, come il gruppo La Repubblica o il Corriere di Cairo che, non sappiamo quanto casualmente, continuano con un fuoco di sbarramento – se non di abbattimento – insensato contro il segretario del Partito Democratico.
E’ in atto, insomma, la restaurazione dei poteri forti.
(8 novembre 2017)
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