di Emilio Campanella
Ci eravamo lasciati lo scorso anno a Ca’ Pesaro, a Venezia in occasione della mostra: Lino Selvatico. Una seconda Belle Epoque aperta dal 14 maggio al 31 luglio 2016, che aveva iniziato un discorso di conoscenza e rivalutazione di questo pittore veneziano, “casualmente” nato a Padova. Ora proprio ai Musei Civici agli Eremitani di Padova, un ideale secondo capitolo, tentativo di approfondimento intorno a: Lino Selvatico, mondanità e passione quotidiana, esposizione che il pubblico potrà visitare sino al 10 Dicembre.
Alla base del lavoro dei curatori Davide Banzato, Silvio Fuso, Elisabetta Gastaldi e Federica Millozzi, il desiderio dei famigliari dell’artista di ampliare il discorso di ricerca, anche grazie ad un taccuino ritrovato recentemente, e ricco di informazioni legate alle leve che hanno mosso l’ispirazione del pittore, ed anche un corpus di disegni, oltre un’importante numero di opere grafiche mai mostrate in pubblico. Se un appunto occorre fare alla mostra, ma solo uno, è l’infelicità ed esiguità degli spazi, già precedentemente riscontrata, ma questo fa sì che le sale del museo non vengano, come accade altrove, sacrificate agli eventi temporanei. Certo i grandi ritratti soffrono del poco respiro nelle sale basse d’aria, e soprattutto nel primo corridoio dove alla parete opposta sono addossate le vetrine con i disegni. Si sgomita un po’ e la profondità doverosa non c’è, meglio le sale successive con opere di dimensioni minori.
Si ritrova e si ribadisce la felicità espressiva di Selvatico nel ritratto femminile e specialmente della sua musa ispiratrice, la moglie Francesca, ma anche altre figure misteriose e fascinosissime ci colpiscono, ci guardano, ci attirano nella spirale della loro seduzione.
Le ritroviamo nei disegni in cui i temi si reincontrano, ricorrono, così come nella grafica che qualcuno non apprezza, per quanto, secondo me, mostri un lavoro di ricerca di nuovi sbocchi ispirativi e stilistici quali forse ci avrebbero sorpreso se la morte prematura in un incidente di moto, pare per evitare un passante, non l’avesse interrotto bruscamente nel 1924.
La mostra si divide in sei sezioni: Mondanità, con ritratti dedicati alla committenza borghese ed aristocratica; Vita quotidiana,con soggetti più intimi ed affettuosi; Francesca, la moglie, una bella signora fermata in vari momenti; La donna, tematica principe del lavoro di Selvatico; Disegni, da guardare con attenzione, per osservare la mano prima dei dipinti. Stampe di cui ho detto sopra.
Cito solo un dipinto, che amo molto: La maschera ( 1920, c.a collezione privata), quadro misterioso e seduttivo, elegante e sospeso in un’atmosfera come di gioco magico. Ricordo che pare come un’opera di Lino Selvatico, presente al Prado di Madrid, sia andata perduta durante la rivoluzione. Il catalogo edito da Grafiche Turato Edizioni non è scevro da imperfezioni come non lo è quello edito dai Musei Civici Veneziani lo scorso anno. Assieme possono, forse, fare un buon catalogo.
(2 ottobre 2017)
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