La follia medievale della autorità russe che imprigionarono le Pussy Riots lo scorso febbraio dopo una incursione musicale delle cinque in una chiesa ortodossa per protestare contro la mancanza di democrazia nel paese, si è imposta con la condanna di tre delle cinque (le altre due non hanno potuto essere identificate) per libertinaggio (sic) motivato da odio religioso e contro Putin, a due anni di carcere.
La notizia palesa che Putin non solo è il presidente che si è fatto rieleggere dopo avere cambiato la Costituzione del paese a suo piacimento, ma è anche dio – e la sua amicizia con Burlesconi ce lo avrebbe dovuto far sospettare da tempo – dato che il tribunale ha dichiarato che le Pussy Riots sono colpevoli di odio religioso e contro il presidente. L’associazione inquieta.
Cambiano i tempi, cambiano – o quasi – i presidenti, ma la Russia non cambia. Chi va contro il pensiero unico imposto dal Cremlino viene processato e zittito, non importa che al governo ci sia un funcionario comunista sovietico o qualcuno che, novello Zelig, è sopravvissuto alla caduta del regime reinventandosi una carriera da finto democrata.
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