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Flop-Act, o del mal di quorum

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di Lorenza Morello

Del risultato della consultazione referendaria ormai tutti sappiamo. Sappiamo, oddio, sì, sappiamo che il quorum non si è raggiunto e che ciononostante il centro sinistra festeggi. Sono personalmente molto indecisa tra valutare quale delle due cose mi lasci meno stranita. Forse sono parimerito.

Perché, vedete, come dice Claudio Cerasa, il fatto che la sinistra festeggi per il risultato del referendum conferma che l’obiettivo vero di molti promotori non era il quorum ma era usare il referendum per provare a risolvere problemi interni alla coalizione del csx. Tema: chi è che svilisce gli strumenti della democrazia?

E, soprattutto, a guardare le consultazioni referendarie e gli esiti elettorali degli ultimi anni (per non dire almeno dell’ultimo decennio) vien da chiedersi se davvero un sistema sedicente democratico debba ancora sostenere una spesa economica folle per uno strumento ormai smascherato nella propria fallacità. I voti (in pressoché tutti i sistemi “democratici”) sono falsati e manipolati, ormai è consuetudine far rivotare quando il risultato espresso non è confacente ai potentati di turno e, per quanto riguarda le consultazioni politiche, non c’è più da tempo legame diretto tra eletto ed elettore. Per non parlare del miraggio perduto del vincolo del mandato.

Eppure ci sono gli irriducibili, quelli che “Vado a votare perché mi piace… (“…l’odore del napalm al mattino… sa di vittoria” cit.)”

Io credo fermamente che quando uno strumento si dimostra solo più a livello “romantico” espressione di un valore (nel caso di specie, il voto sinonimo di democrazia) ma non lo è più (per i brogli e tutte le cose di cui sopra) il dovere di un popolo davvero sovrano sia quello di ripensare il concetto di democrazia partecipativa e di voto. Diversamente, continueremo a mantenere in piedi un teatro dal sapore nostalgico che in realtà non fa che inspessire le mura della gabbia che ci circonda. Perché se il rapporto elettore/eletto non c’è più, e se quando, nei rari casi in cui nelle consultazioni referendarie il popolo ha scelto in un modo e subito dopo i politici di turno hanno modificato la legge per continuar a far il comodo loro (un esempio tra tanti, l’abolizione della sovvenzione pubblica ai partiti) è inutile raccontarsi dell’utilità del costoso teatro delle marionette.

Forse, tra i tanti che non si sono recati alle urne, molti nel proprio silenzio volevano proprio gridare questo: non siamo andati tutti al mare, vi abbiamo semplicemente “scoperti”.

E’ ora di cambiare o di dichiarare. Nel mentre, i promotori del referendum si ritengano licenziati per giusta causa.

 

 

(10 giugno 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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