di Giuseppe Enzo Sciarra, #Cinevangelo
Napoli è un grande teatro in cui l’umanità delle persone più che altrove è meno vincolata alle ferree regole del contenimento emotivo, la gente di Napoli straborda di emozioni, belle e brutte che siano, vivendole appieno. Edoardo Scarpetta, maestro del teatro partenopeo, autore di quel “Miseria e Nobiltà” che tutt’ora il teatro omaggia da sud a nord (diciamolo!) ha fatto la storia del teatro napoletano portando in scena la napoletanità. Un teatro il suo che tra la fine dell’800 e inizi del ‘900 godeva si di un grande successo di pubblico ma veniva bistrattato dai così detti grandi artisti perché faceva ridere, e non aveva spessore intellettuale e culturale – una grande cazzata degna di chi si dice artista con un po’ di puzza sotto il naso.
Scarpetta è un grande animale da palcoscenico, il pubblico lo adora, ma la sua famiglia è un disastro. Ha svariati figli da più donne, riconosciuti – non come i fratelli De Filippo ad esempio, (Titina, Edoardo e Peppino De Filippo). Il geniale teatrante di una Napoli in cui miseria e nobiltà si sono sempre sovrapposte più che altrove, vuole fare la parodia dell’ennesimo spettacolo teatrale di Gabriele D’Annunzio, l’insopportabile vate con la puzza sotto il naso che si crede il Re Mida della letteratura e del teatro italiano – che non sopporti D’Annunzio credo sia evidente, ma sono in buona compagnia.
Il water, pardon vate, acconsente a che Scarpetta porti in scena la sua opera, salvo poi rinfacciarglielo e portarlo in giudizio. Da qui in poi inizia l’inferno di Scarpetta, il quale dovrà scontrarsi non solo con quel pubblico italiano manipolato dai cosiddetti veri artisti che lo disprezza perché è meridionale, e per giunta napoletano, ma con la sua stessa famiglia e i suoi figli, Vincenzo Scarpetta in primis – interpretato dal vero erede della famiglia Scarpetta, un bravissimo Edoardo Scarpetta, attore cinematografico di belle speranze e grande talento.
Martone mette in scena per il cinema italiano la commedia e il dramma di Edoardo De Filippo e di Edoardo Scarpetta, in questo caso però i protagonisti sono padre e figlio stessi e non i loro personaggi. Il tutto è riletto con la sensibilità del grande regista napoletano ormai in stato di grazia – Martone è prossimo a entrare nell’olimpo dei grandi cineasti italiani, alla Sorrentino e Garrone per intenderci. Ad aiutare Mario Martone oltre che la sua regia elegante e pirotecnica insieme, ci sono anche dei grandissimi attori come un Tony Servillo immenso, una Maria Nazionale degna della Regina Bianchi di Filumena Marturano e tutta la migliore scuola del teatro napoletano, da Gianfelice Imparato a Iaia Forte la quale ci insegna – e insegna agli attori – che se hai un ruolo piccolo e marginale in un’opera filmica o teatrale, ma sei una grande attrice fai la differenza anche solo con una smorfia.
Chapeau al grande cinema e ai grandi attori della scuola napoletana! Che il cinema italiano prendi nota che Napoli ha una marcia in più.
(21 settembre 2021)
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