di Daniele Santi
Poi succede che arriva il niet di Antonio Decaro che dice con chiarezza che con Emiliano e Vendola in lista la sua candidatura è congelata, anzi, non corre proprio. E quindi il non-candidato-non-ufficiale del centrosinistra rimane tale. Sono tre mesi che la storia va avanti e il PD cosa fa? Manda in Puglia Francesco Boccia per provare a mediare. Non una grandissima idea.
E a Boccia gli va buca. Perché c’è un “se” grosso come una casa. Anzi i “se” sono due. Decaro ha ribadito a Boccia, scrive molta stampa che è “felice e orgoglioso” del ruolo da europarlamentare perché sapete, a Bruxelles l’ex-Sindaco c’è andato con 500mila preferenze raccolte, di cui quasi 200mila fuori regione e non è che gli sembri una ottima idea farsi votare per una roba e poi andare a farsi rivotare per un’altra. Soprattutto quando si hanno tra i piedi i due “se” grossi come una casa di cui sopra: si chiamano Emiliano e Nichi Vendola che, una volta in lista e trascinati alla poltroncina di consigliere da una quasi certa vittoria di Decaro non garantirebbero quella “possibilità e libertà di movimento” necessaria a un presidente forte.
Così mette sulla graticola un intero progetto politico. E non gli si dà neanche torto. Anche perché il suo ragionamento non fa una grinza: Decaro sostiene infatti che nessun ex presidente di Regione, citando Bonaccini e poi Zingaretti e addirittura Vincenzo De Luca, si è candidato come consigliere dopo il mandato. E proprio per farsi capire meglio Decaro si è dichiarato in pubblico “innamorato di Vendola ed Emiliano”, che in tempi di sbandieramento di una inesistente teoria gender non è neanche una buona idea, ma soprattutto quello che si dice in pubblico, in privato significa il contrario.
Insomma Decaro non vuole in eredità né i 10 anni di governo di Vendola, né i successivi dieci di Emiliano. E’ abbondantemente maggiorenne e rivendica il diritto di fare quello che gli pare. Vai a dargli torto.
(14 agosto 2025)
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