di Giovanna Di Rosa
Cinque mesi fa Mario Draghi presentava il suo rapporto sulla competitività europea, nel quale invitava gli attori istituzionali europei a un “cambiamento radicale” che l’apparato elefantiaco costruito a Bruxelles ha puntualmente ignorato quasi del tutto. Così, ci riprova, questa volta con un discorso durissimo in cui ricorda ai partner europei che “il senso di urgenza è diventato ancora più forte” essendo scesi in campo altri attori che non possano essere ignorati: lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, l’andamento dei prezzi del gas, le tensioni commerciali e gli scenari legati alla necessità di garantire la sicurezza in Ucraina e in Europa.
Mario Draghi ha quindi invitato l’UE a dare una risposta «rapida, intensa e su vasta scala», ma soprattutto agire «sempre di più come se fosse un unico Stato», scrive La Stampa, attraverso una risposta «complessa» che dovrà passare da un «coordinamento senza precedenti» tra i governi e i parlamenti nazionali, la Commissione e il Parlamento europeo («Non si può sempre dire di no»), ma che dovrà anche coinvolgere «ricerca, industria, commercio e finanza».
E per trovare i 750-800 miliardi di euro necessari ogni anno (“una stima per difetto”, ha aggiunto Draghi“) l’ex governatore della Banca Europea ed ex presidente del Consiglio ha sfidato l’UE con uno dei tabù intoccabilii dell’Unione quando ha affermato: “Bisogna emettere nuovo debito comune“.
Ci sono ragioni di dubitare che verrà ascoltato, ma i tempi sono sempre più stretti e i tempi sempre più complicati. Magari è la volta buona, anche a costo di sacrificare qualche stato un tantinello esageratamente filo-Putin.
(18 febbraio 2025)
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