di Vittorio Lussana
I recenti fatti di Bruxelles e il cosiddetto scandalo del Quatargate hanno finito col mettere in discussione un aspetto che negli altri Paesi non solo viene accettato, ma è addirittura alla luce del sole. Stiamo parlando del ruolo delle lobby e della loro funzione di rappresentanza dei vari gruppi d’interesse, che in genere vivono dietro le quinte della politica. Ciò non significa che quanto scoperto nei giorni scorsi dalla magistratura belga sia da minimizzare: non è questo il nostro intento. Al contrario, quanto accaduto nel gruppo socialista del parlamento europeo rischia di mettere in cattiva luce il lobbismo nel suo complesso, senza tener conto che tale attività possiede un proprio status assolutamente legittimo, se si lavora in maniera trasparente.
Il cosiddetto lobbista, infatti, svolge un’attività niente affatto losca, bensì fortemente regolamentata. Ovvero: esistono una serie di norme, protocolli e regolamenti che i vari gruppi d’interesse sono tenuti a rispettare. Al parlamento europeo, per esempio, esiste un “Registro per la trasparenza” che elenca tutta una serie di aziende accreditate, le quali hanno compiti e funzioni del tutto legali. Il problema sorto con i mondiali del Qatar è molto legato all’ex parlamentare europeo Antonio Panzeri e al suo gruppo, che iniziò a fare lobbing per conto proprio e che, per non essere controllato, non ha iscritto la Ong presso l’apposito Registro. Una procedura obbligatoria, se si vuole intervenire in Europa, peraltro accessibile a tutti. Una regolarizzazione che obbliga a chiarire quale sia l’oggetto sociale del gruppo e quali eventi intende organizzare o promuovere. Un lavoro che svolge persino il sottoscritto, attraverso l’associazione culturale Phoenix, da me fondata nel 2010 al fine di realizzare una serie di attività culturali in forma di partnership con le singole aziende o cooperative. I nostri otto anni di partnership con il Roma Fringe Festival, tanto per citare una delle nostre operazioni più riuscite, è solo un esempio.
Una lobby può fare quello che vuole. Purché lo faccia in chiaro, presentando un bilancio annuale, convocando un’assemblea ogni tre anni che lo approvi, aprendo una partita Iva dell’associazione, attivando un codice fiscale aziendale di riferimento per l’Agenzia delle Entrate, registrando il gruppo da un notaio e inserendolo nei circuiti istituzionali e/o commerciali. Chi opera al parlamento europeo possiede un proprio numero di matricola e un badge, che consentono di muoversi all’interno dell’istituzione come si vuole, senza dover farsi accreditare ogni volta con il permessino giornaliero. Grazie al badge, si può persino di pranzare a mensa…
Insomma, non esiste un lobbismo lecito e uno illecito, ma solamente il primo. Nel caso del gruppo di Panzeri, l’obiettivo era quello di estorcere e manipolare informazioni, non quello di fare lobbing od organizzare qualcosa in collaborazione con qualcuno. Il lobbista ha il compito di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica rispetto a un tema affinché se ne parli, oppure di modificare una proposta di legge che la commissione europea ha presentato in parlamento e che si trova in corso di calendarizzazione per la sua approvazione. Tutte funzioni che si possono svolgere in forme superlegittime.
E’ dunque sbagliato colpevolizzare tutte le lobbies per quanto accaduto intorno ai mondiali del Qatar, perché in realtà il loro ruolo è molto importante: molte aziende hanno bisogno di non subire passivamente le decisioni che si prendono a Strasburgo o a Bruxelles, ma di reindirizzarle attraverso un’azione di advocacy, dichiarando a bilancio il proprio onorario per l’attività svolta senza estorcere denaro da far passare sottobanco.
Insomma, l’attività di lobbing non si fa con i soldi “sotto al tavolo” (in gergo si dice così per i casi illeciti, ndr), bensì rappresentando interessi. Così come un legale qualsiasi rappresenta i propri assistiti in sede di dibattito processuale. La lobby svolge una funzione di mediazione per tutte quelle aziende che hanno bisogno di aiuto nell’avere rapporti con istituzioni e gli enti pubblici, per far comprendere a quest’ultime cosa serva a molte imprese per riuscire a mettere a terra i loro progetti. E’ un’azione di intermediazione, che richiede conoscenze approfondite da parte del lobbista, su come funzionino le istituzioni e secondo quali norme esse si muovono. È lo stesso rapporto che ha un addetto stampa con i giornalisti: cerca di sensibilizzare chi fa informazione circa le posizioni di un’azienda, di un Partito o di un singolo deputato.
Infine, si tenga presente che nel “Registro della trasparenza” di Bruxelles risultano iscritte migliaia di organizzazioni – più di diecimila, almeno – di cui molte rappresentano interessi commerciali precisi, altre promuovono azioni in favore dei propri clienti, altre ancora garantiscono l’interesse collettivo di gruppi e associazioni.
In conclusione, quanto accade ogni giorno a Bruxelles è del tutto lecito e a norma. E’ il gruppo di Panzeri, con le sue svariate e molteplici ramificazioni, a essersi mosso al di fuori della legge: non c’entra nulla l’attività di lobbing in sé e per sé. Siamo cioè di fronte a una mela marcia che ha finito col gonfiarsi di soldi come un grande cocomero, senza neanche riuscire a utilizzare le tangenti pagate dai qatarini per scopi realmente utili a qualcuno, o per lanciare un’attività che generasse nuovi posti di lavoro per i giovani.
Ecco il vero perché degli strani ritrovamenti di danaro presso le abitazioni o nelle valigie dei membri attualmente indagati: non sapevano neanche cosa farsene di tutti quei soldi; oppure, non hanno fatto in tempo a reinvestirli in qualche modo. Degli autentici pasticcioni: altro che lobby…
(23 dicembre 2022)
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