di Marco Biondi, #iolapensocosì
Credo che il nostro Paese non abbia mai vissuto un periodo così politicamente travagliato come quello di questi giorni. Riepiloghiamo.
Alle ultime elezioni la maggioranza degli italiani scelse chiaramente la strada del populismo: più delle metà dei voti andarono a 5Stelle e Lega. Un terzo del totale al partito di Grillo e Casaleggio, il 40% circa al centro destra in coalizione, con un 17% direttamente alla Lega.
Il Governo che ne scaturì l’abbiamo visto tutti all’opera con Conte, i due vice premier Salvini Di Maio in prima fila, le marchette elettorali di quota 100 e reddito di cittadinanza subito pagate, i decreti sicurezza da farci vergognare di fronte al mondo. Rispetto ad allora è cambiato tutto.
I 5Stelle sono evaporati come neve al sole e oggi si presentano come forza di governo, partner strategici del PD tanto avversato in campagna elettorale. E lo stanno facendo cercando di assumere un aspetto quasi democratico, con un “simil segretario” – Conte – e cercando di liberarsi dal giogo di Casaleggio. Come sia possibile che chi li ha scelti nell’ultima votazione politica continui a riconoscersi in loro resta un mistero, ma forse gli restano solo i voti che erano stati persi dal PD che, giustamente, si opponeva a misure populiste. Il PD, che uscì con le ossa rotte da quel voto, oggi è un agglomerato difficile da inquadrare. È imploso con l’uscita di Renzi ed è rimasto senza guida. Oggi la cerca, la guida perduta, rispolverando chi era stato scaricato dalla sua direzione solo pochi anni fa – Letta – ma senza aver ancora deciso se posizionarsi sulle posizioni moderate post democristiane di Franceschini o su quelle post comuniste di una frangia ancora fortissima al suo interno. Dare la colpa dell’attuale crisi agli ex renziani che sono rimasti e non hanno seguito, forse per speculazione politica, il loro vecchio idolo, è l’ennesimo tentativo di nascondere che l’esito della fusione tra ex DC e ex PDS, lanciata gloriosamente da Veltroni, ultimo rinnovatore prima di Renzi, è stato un fallimento.
Il tutto nell’assenza di una idea politica da proporre agli elettori. Esattamente cosa vorrebbero realizzare per il nostro Paese nel caso fossero chiamati dagli elettori a governarlo? Non si sa, perché non esiste una proposta politica definita, come non esiste una capacità di sintesi da affidare ad un leader riconosciuto e rispettato. Esisterebbe uno spazio elettorale moderato riformista, per chi dà importanza ad una politica economica espansiva, ma è uno spazio criminalizzato dai media e composto da leader tutto sommato rissosi. Troppi leader da questa parte, troppo pochi dall’altra. Draghi ha tante priorità legate all’emergenza e quindi non ci possiamo aspettare che si distragga in questo momento così critico. Ma appena sarà passata questa emergenza, mi auguro che individui la necessità di ripristinare una comunicazione politica equilibrata che consenta una rappresentazione realistica e non tifosa delle forze in campo e delle esigenze del Paese. Se riuscisse, compirebbe un mezzo miracolo, capace di ricreare le condizioni perché gli elettori possano avere idea di quello che serve e di chi può assolvere l’immane compito di ripristinare la capacità per il Paese di tornare a far crescere un tessuto economico fondamentale per il futuro delle prossime generazioni.
Dovessimo andare al voto nella situazione attuale, io la penso così, ci apriremmo ad un disastro forse ancora peggiore di quello al quale abbiamo assistito col primo Governo Conte. Che Dio ce la mandi buona. Covid permettendo.
(11 marzo 2021)
©gaiaitalia.com 2021 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)