di Vittorio Lussana #Giustappunto twitter@gaiaitaliacom #Politica
Pur premettendo di non fare uso di sostanza illecita alcuna e di non fumare una ‘canna’ da tempi immemorabili, la recente ‘topica’ della Corte di Cassazione sulla cosiddetta ‘canapa light’ dimostra pienamente in quale diabolica disgrazia ci siamo ‘infilati’ con questo ormai stucchevole Governo ‘giallo-verde’. Infatti, se le nostre fonti sono attendibili, la Suprema Corte non ha trovato il decreto attuativo della norma che stabilisce il limite di sostanza “non drogante”. Questo limite, se i ragazzi di ‘Periodico italiano magazine’ hanno fatto un buon lavoro e se il sottoscritto non si ritrova anch’esso avviato lungo la via del rincoglionimento, era stato individuato, nelle varie bozze di decreto che doveva essere portato in aula dal Governo per la sua approvazione, allo 0,2% di Thc per alcune componenti della ‘cannabis sativa’ (olio e resine) e allo 0,6% per le inflorescenze: più o meno, la questione l’ho capita così. In ogni caso, mancando la norma, la Cassazione ha dovuto applicare il ‘principio di cautela’ e ha dato lo stop alla vendita della sostanza. La qual cosa significa che il lesgislatore avrebbe dovuto finire quel lavoro cominciato con l’approvazione della legge n. 242 del 2016 e che non è stato portato a termine. La questione non fa parte del ‘contratto di Governo’ e ‘cazzate’ varie, che con l’esecutivo attualmente in carica ci stanno sempre bene. E adesso? Che si fa? Lasciamo che saltino per aria una marea di aziende e circa 10 mila posti di lavoro? In questo caso, può venirci in soccorso proprio il mondo del marketing, acquisendo come ‘incidente probatorio’ il metodo generalmente utilizzato dalla pubblicità comparativa. Esso funziona così: si prende un giudice – possibilmente della Suprema Corte di Cassazione – e lo si pone di fronte a due spinelli ‘rollati’ per bene: uno composto con la cannabis light; l’altro con l’erba che generalmente si rimedia da cosche mafiose o da criminali appostati in precisi angoli delle nostre piazze più caratteristiche, i quali sono soliti spacciare una sostanza ‘tagliata’ con prodotti sintetici che raggiungono un potere ‘drogante’ del 24%. Bene: a questo punto, il magistrato è tenuto a fare la prova di merito, al fine di stabilire quale sia la sostanza ‘drogante’ e quale no. Abbandoniamolo dunque per qualche minuto in compagnia del ‘pusher’, affinché lo stupefacente faccia il suo effetto ed egli possa constatare la differenza tra i due ‘prodotti’. E proponiamo una piccola digressione, tanto per far scorrere qualche minuto. Si tenga presente che, a causa della sua infiltrazione nella circolazione sanguigna, persino la nicotina delle sigarette, sulle quali vige un regime di monopolio da parte dello Stato (così come per i prodotti alcolici), risulta più drogante della ‘cannabis light’, poiché genera dipendenza pur non intaccando più di tanto la nostra lucidità mentale. In pratica, un fumatore di sigarette è assai più ‘tossico’ di un consumatore di ‘canapa light’. Ma anche questo paradosso potrebbe non bastare a convincere il nostro amico della Suprema Corte di Cassazione. Pertanto, dopo aver effettuato il confronto probatorio da noi richiesto ed essersi ‘sballato’ con la marjiuana rimediata dal simpaticissimo ‘pusher’ – che nel frattempo si è pure fatto un ‘selfie’ con indosso l’ermellino del giudice – poniamolo di fronte a una nuova sentenza: scommettete che, stavolta, l’azzecca in pieno? Sarà forse il potere ‘libertario’ dei ‘figli di fiori’? Mah… Chi lo sa? In ogni caso, il nostro amico ‘togato’ ora può andare tranquillamente a ‘spararsi’ i ‘Cugini di campagna’ a ‘palla’ nelle cuffiette del suo lettore Mp3, per riuscire a smaltire melodicamente l’effetto del confronto a cui lo abbiamo sottoposto. Egli è felice, noi siamo felici per lui e i ragazzotti che si sono messi sulle spalle un negozio di ‘canapa light’ proseguono la loro attività, alla faccia di Matteo Salvini e dei leghisti. Scherzi a parte, questo cosiddetto ‘Governo del cambiamento’ sta veramente cominciando a fare danni. E’ proprio lui a generarli, poiché quando un’idea qualsiasi non è sua, non la porta a termine, spesso per pura invidia o disappunto ‘mediatico’. Ovvero, perché non può intestarsela e cavalcarla propagandisticamente. Quel che stanno facendo i ‘pentaleghisti’ è tutto ‘fumo’ e niente ‘arrosto’: è questo il vero ‘fumo’ da cui dovremmo guardarci, non quello della ‘canapa light’. A cominciare proprio dalla magistratura, che rischia veri e propri danni d’immagine per delle ‘cantonate’ che, molto spesso, sono diretta conseguenza di negligenze altrui.
(1 giugno 2019)
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