di Il Capo, twitter@gaiaitaliacom #Politica
Anche se ai quotidiani italiani non piacerà, e ad Oscar Giannino nemmeno, lui che è tanto bravo a dire agli altri cosa debbono fare, Carles Puigdemont in diretta da Bruxelles ha detto, il 31 ottobre attorno alle 13, che non si trova a Bruxelles per chiedere asilo politico. “Sono qui perché Bruxelles è la capitale d’Europa, non per chiedere asilo politico”, ha detto rispondendo ad una domanda precisa dopo una conferenza stampa in catalano, castigliano e francese che il prestigioso quotidiano El País ha tradotto sommariamente e con poca cura, fatto che non rende merito alla tradizione informativa del prestigioso quotidiano di lingua spagnola. Come potete vedere a questo link il quotidiano spagnolo non ha tradotto il passaggio in cui Puigdemont dice di non essere a Bruxelles per chiedere asilo politico. O almeno, mentre scrivevamo questo articolo, non lo aveva ancora tradotto né pubblicato.
Puigdemont ha ribadito in differenti occasioni, anche su sollecitazione di numerose domande sulla questione, che quello che il suo governo vuole è la non violenza; ha dichiarato che rispetterà l’esito delle elezioni del 21 dicembre ed ha spinto Mariano Rajoy a dire se farà lo stesso. Non si è trattato di una domanda retorica né di una affermazione provocatoria: non è stato Puigdemont a sguinzagliare la Polizia alle calcagna di cittadini che pacificamente votavano ai seggi per la loro autodeterminazione. Ha finalmente affermato che lo stato spagnolo ha convocato elezioni, ma prima si è preoccupato di “mettere in carcere” lo stato catalano che ha semplicemente attuato il suo programma elettorale. Puigdemont ed il suo partito non hanno mai nascosto di aspirare all’indipendenza della Catalogna, che reclama lo stato di repubblica dai tempi di Francisco Franco.
Queste le dichiarazioni del presidente catalano deposto per volontà degli eredi del franchismo, quel Partido Popular soffocato dagli scandali che ha a sua volta soffocato, e che sempre ha avuto in odio le istanze indipendentiste della Catalogna e che su quell’odio ha basato la sua azione repressiva nei confronti della dichiarazione d’indipendenza del suo governo. Un governo legittimamente eletto dai cittadini e che i neofranchisti al governo, con la complicità del PSOE, hanno destituito e dato ordine di arrestare. Ora aspettiamo gli arguti commenti del giornalismo italiano, di quello radiofonico alla Oscar Giannino soprattutto, che senza conoscere né il Catalano né il Castigliano, mettono in bocca al presidente della catalogna ogni tipo di dichiarazione. Il nostro punto di vista, per quel che serve è noto: se non si conosce la Spagna, se non la si è vissuta in Catalogna e fuori e se non si sono vissute le dinamiche politiche interne al paese comprendere ciò che sta avvenendo è molto difficile. Il fatto che un quotidiano come El Pais traduca sommariamente o ometta di tradurre le dichiarazioni di Puigdemont (mentre La Repubblica lo fa) la dice lunga sulla buona fede [sic] che soggiace a questo scontro politico che distruggerà Mariano Rajoy e non certo la Catalogna.
Carles Puigdemont se tornasse in Spagna rischierebbe non solo 30 anni di carcere, perché la posta in gioco vale la sopravvivenza degli eredi del franchismo che governano in minoranza col sostegno di una gamba zoppa chiamata PSOE. In gioco c’è la sopravvivenza di un sistema che cade a pezzi e che la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna farebbe franare molto più velocemente. Sareste furiosi anche voi nei panni di Mariano Rajoy.
(31 ottobre 2017)
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