di Mila Mercadante twitter@Mila56170236
Roberto Saviano non è il mio genere, nel senso che non apprezzo quasi mai le sue esternazioni e non amo i suoi toni retorici e buonisti, da parroco ai fedeli. Si scandalizza sempre per questioni minori e trascura quelle davvero importanti, eppure per una volta, a scoppio ritardato, ha fatto la cosa giusta: ha lanciato un allarme a proposito di Matteo Salvini. Lo scrittore ha segnalato un tweet nel quale il leader leghista mostra il video di una donna rom sorpresa da due dipendenti della Lidl a frugare oppure a rubare qualcosa. I due l’ingabbiano e si divertono mentre la donna urla a squarciagola, come se la stessero scannando. Il video è raccapricciante perfino in un tempo crudo e cupo come questo, perfino adesso che siamo abituati a vedere morti ammazzati tutti i giorni: lo è perché ci mostra chi siamo, come siamo diventati, e con quanta leggerezza ridacchiamo guardando una povera cristiana colta in flagrante e catturata come fosse una bestiolina. Lei urla e si dimena esattamente come una bestiolina caduta nella trappola del cacciatore, non può fare altrimenti.
La donna non subisce alcuna violenza fisica ma il sequestro di persona è un atto di violenza. Un simile trattamento non si potrebbe mai riservare a quegli italiani – e sono tanti – che nei supermercati trafugano formaggini e marmellate: perché sono italiani, dunque più umani e più rispettabili di una zingara, no? Se Salvini non considerasse quella donna un innesto osceno in territorio nemico non potrebbe servirsi dell’accaduto per fare la sua propaganda da quattro soldi. “Noi stiamo coi lavoratori e non con le rom frugatrici”, scrive, e aggiunge un bel #ruspe, che ormai è un classico, la firma e il vezzo di un dittatorello malriuscito. Se lo prendessero di peso e finalmente lo mettessero alla guida di un mezzo demolitore proprio di fronte a un campo rom, il signor Salvini scapperebbe, mostrando di che pasta è fatto e quanto vale il suo cinismo di facciata, col quale istiga e provoca, recluta i rabbiosi, offre loro una dignità politica e sociale, li giustifica nei loro comportamenti e interpreta i loro pensieri più triviali.
Roberto Saviano ha contato 30mila leoncini da tastiera entusiasti del video. La responsabilità di una tale decadenza non è di Salvini, è delle istituzioni in tutta la loro interezza. Le reazioni di un leader politico e quelle di coloro che lo approvano e lo votano sono parte integrante di un contesto, derivano da esso, derivano dal livello di salute delle istituzioni, dello Stato, della classe dominante. Sono questi gli agenti che che impongono e consentono in larga misura certi atteggiamenti. Questi ultimi, tollerati per anni, finiscono con l’impadronirsi anche della psicologia delle masse, ed è solo quando ciò diviene del tutto evidente che ci si preoccupa e ci si scandalizza. La tesi – espressione e sunto del liberalismo – secondo cui gruppi o partiti antagonisti garantiscano stabilità al sistema proprio come la valvola di una pentola a pressione evita lo scoppio del coperchio, non può essere valida a priori né per sempre. Se vi è una decomposizione del pluralismo e dei valori democratici è chiaro che si creano le condizioni ideali affinché la violenza e l’insofferenza prendano il sopravvento: voglio dire che a un certo punto non sono più le istituzioni e i media a condurre le masse, sono le masse a influenzare il potere. Quando, se non nel mezzo di una crisi economica devastante, si può verificare tale rovesciamento? Ci siamo, in effetti. Tacitata e distrutta l’idea stessa di struttura di classe della società contemporanea, i fenomeni simili a quello rappresentato da Salvini in Italia si moltiplicano in tutto l’occidente e vengono scambiati per folklore innocuo fino al punto di non ritorno. La lingua da addestratore, la lingua razziale e volgare non dispiace. Salvini è tra i politici più ospitati nei noiosissimi e inutili salotti televisivi, e al suo partito s’è volentieri perdonato ben altro che un tweet. Dare la colpa a lui come fosse separato dal contesto è ridicolo.
(25 febbraio 2017)
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