di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
Questa settimana parliamo di ‘canne’. Un ddl di liberalizzazione delle droghe leggere è infatti giunto in discussione alla Camera dei deputati. Il momento scelto per affrontare la questione non è sembrato molto opportuno, con tutto quel che sta accadendo nel mondo in quest’ultimo periodo. Tuttavia, dato che se ne parla, vediamo di analizzare la problematica. A favore della liberalizzazione è schierato, giustamente, il ‘fronte’ di chi vorrebbe evitare che hashish e marijuana ‘tagliate male’ facciano più ‘danni’ rispetto a quel che le sostanze arrecherebbero al loro stato naturale. Ma sono anche fondate le critiche di chi teme la scarsa maturità di molti giovani, i quali rischiano, soprattutto negli anni formativi della loro personalità individuale, di assumere un quantitativo di ‘cannabis’ eccessivamente elevato prima di apprendere come ‘autogestirsi’. Sotto il profilo antropologico, vi è una fase della giovinezza in cui si attraversa la scoperta del “si può fare” o del “si dovrebbe poter fare”, poiché in fondo lo ‘spinello’ è assai meno dannoso della stessa nicotina, che invece è una droga molto potente e ‘schiavizzante’, sia sotto il profilo psicologico, sia in quello ‘fisico’: un’obiezione, quest’ultima, che possiede un alto grado di scientificità. Il ‘giusto confine’ sarebbe, perciò, quello di un uso equilibrato e responsabile. Ma tale consapevolezza, purtroppo, in genere viene raggiunta dai nostri giovani piuttosto ‘tardi’. Infatti, gli anni ‘sabbatici’ della trasgressione e del ‘gusto’ per il ‘proibito’, talvolta si ‘allungano’ sino a ‘coprire’ un intero ‘lustro’ di gioventù. La qual cosa rappresenta un vero ‘peccato’, poiché ciò rischia di ‘indebolire’ le ottime potenzialità di molti ragazzi sensibili, intuitivi, intelligenti. Tutto ciò non significa che intendiamo schierarci dalla parte di chi crede di risolvere l’intera questione proibendo qualsiasi cosa, ‘punto e basta’. Anche perché, spesso si ottiene l’effetto opposto: la politica ‘repressiva’ è proprio ciò che rende determinate sostanze assai più ‘affascinanti’. Senza contare che, per riuscire a rimediarle sul mercato ‘nero’, molti giovani finiscono con l’avvicinarsi agli ambienti del contrabbando e dello ‘spaccio’, i quali hanno tutto l’interesse ad ‘agganciare’ nuovi ‘clienti’, per poter vendere loro anche pasticche e droghe sintetiche. Per non parlare delle vere e proprie ‘piazze di spaccio’ che le varie ‘cosche’, mafiose o camorristiche, impongono in alcune parti d’Italia come prima fonte di guadagno, o in quanto merce di scambio: tutto questo deve assolutamente finire. Ma a prescindere dalle considerazioni già ben espresse, peraltro, dallo scrittore Roberto Saviano, la ‘logica repressiva’ crea sbandamenti di crescita estremamente pericolosi. Per farli comprendere, amo spesso ricordare il ‘passaggio’ di scoperta della sessualità di alcune ragazze cattolico-borghesi, che nel giro di un anno passano da una determinata ‘vocazione’ per la vita ‘monacale’ a quella delle ‘pornostar’. Nel caso delle droghe leggere avviene un po’ la stessa cosa: il gusto del proibito e la carica di trasgressione di ‘fumo’ ed ‘erba’, congiunte ad alcune ritualità giovanili dal fascino molto ‘freak’, possono generare una lunga fase di ‘fissazione’, che rende secondari persino gli effetti positivi che la ‘cannabis’ svolge in campo farmacologico o come ‘mio-rilassante’. Bisognerebbe, dunque, trovare il giusto modo per ‘affiancare’ i nostri giovani in alcune fasi, piuttosto delicate, della loro maturazione personale: quella di formazione della propria coscienza civica di cittadini e di ‘decollo’ della loro stessa vita. Si tratta di un ambito pedagogico non semplice, che mantiene i suoi limiti ‘retorici’ o ‘paternalisti’. Un’amicizia è tale, o dovrebbe esser tale, a prescindere dall’età. Ma certe volte, già il punto di vista di un 50enne come il sottoscritto, per esempio, sembra quasi ‘distorcersi’ in una forma involontaria di ‘invadenza’. In quanto amico dei giovani, alcune volte ‘appaio’ eccessivamente ‘interventista’. Si dovrebbe ricorrere, invece, a strumenti educativi specifici, pedagogicamente ben ‘calibrati’. Vi sono gruppi di studiosi che hanno approfondito questo ‘campo’: perché non farli lavorare, magari riqualificando il ‘servizio’ dell’assistenza sociale? Insomma, siamo favorevoli alla liberalizzazione delle droghe ‘leggere’. Ma attenzione agli abusi, che in molti casi e in alcuni periodi della vita possono risultare piuttosto ‘insidiosi’. In svariati modi.
(26 luglio 2016)
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