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Perché non crediamo al colpo di stato “terrorista” in Turchia…

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Erdogan 06 - 15 luglio 2016di Il Capo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Subito dopo l’allarme generato dalle notizie frammentarie che arrivavano nella tarda serata del 15 luglio, notizie che anche noi abbiamo riportato, confrontandole con quelle dei nostri contatti ad Istanbul, abbiamo cominciato a nutrire dubbi sull’accaduto. I motivi? Alcuni legati proprio alle modalità di movimento delle forze armate turche, prima di tutto, il cui assalto al potere ci è sembrato, diciamo così, almeno maldestro.

 

I militari turchi sono “garanti della laicità dello Stato”, questa è la prima cosa che va detta, ed intervengono quando ritengono che la laicità della Turchia sia in pericolo. Lo hanno già fatto un paio di decenni fa quando un governo islamista tentò d’insediarsi dopo avere vinto le elezioni: le forze armate dissero no e nacque un governo laico. Eravamo là. Ci ricordiamo. Un’altra delle regole dei Militari turchi è quella di non sparare sui civili, dato che, in quanto garanti, sono lì a difesa dei cittadini: chi non esita a sparare sui civili è invece la Polizia di Erdogan, che non appartiene alla Forze Armate e che ha dato negli ultimi anni, più volte, prova di quanto la vita dei cittadini turchi gli interessi. Poco.

Nulla si sa di Erdogan durante le ore del “golpe” o presunto tale: si parla della sua richiesta di asilo in Germania, in Inghilterra (qualcuno dice in Italia), in Qatar, richieste che sarebbero state rifiutate – altre notizie lo davano in vacanza a Marmara – poi il miracolo: Erdogan appare via videomessaggio, anche attraverso i social che chiude ogni due mesi, ed incita i suoi elettori a scendere per le strade e a combattere i golpisti con le armi della pace. Ci scappano alcune decine di morti, tra i manifestanti per le strade che combattono i golpisti con le armi della pace, segno della crudeltà dei militari, non di quella del dittatore islamista che non si sa dov’è, poi Erdogan riappare – miracolo! – attorno alle 3.15 del mattino, segni di tensione sul volto pochi e parole di condanna contro i militari molte.

Militari che poche ore dopo sono tutti agli arresti. Si tratta di 1563 (millecinquecentosessantatré, con l’accento fonico) militari golpisti, altri 104 di loro ammazzati insieme a 47 civili.

C’è subito il colpevole ispiratore del golpe durato 4 ore: è l’oppositore Gulan ad averlo organizzato, e gli USA, che lo ospitano, sono suoi complici. Davvero le autorità turche sono velocissime a trovare i colpevoli: dopo gli attentati-kamikaze, pochi minuti dopo, sanno già nome e cognome degli attentatori, sanno già che sono curdi, sanno dove sono nati e quanti anni avevano. Stessa cosa per il tentato golpe: è stato Gulan. Gli USA sono complici. Insomma, un regime islamista di gèni, quello di Erdogan, e i turchi cadono nella trappola, scendono in piazza e i militari ammazzano 47 di loro.

Ma i militari non uccidono civili. Che cosa è successo allora?

E’ successo ciò che è successo alla manifestazione pacifista di Ankara, anche lì circa 200 morti; è successo che qualcuno ha dato fuoco alle taniche di benzina. Perché?

Per apparire come l’eroe della patria e, con il consenso conquistato sconfiggendo i golpisti, trascinare la Turchia verso la repubblica presidenziale di ispirazione russo/islamista che Erdogan sogna da anni e che ridurrà le libertà individuali al lumicino, chiuderà i pochi giornali indipendenti rimasti, imprigionerà i giornalisti che già rischiano libertà e vita ogni giorno, e trasformeranno la Turchia in una teocrazia, così che il buon Erdogan possa consegnarsi ai posteri come il leader dell’islamismo moderato [sic] che ha sconfitto l’Isis (perché l’uomo è anche accusato di avere strette connivenze con al-Baghdadi in nome del suo odio personale verso Bashar al Assad), e non come il dittatore delle scelte liberticide, che vuole riscrivere la storia della Turchia cancellando il laicismo di Atatürk.

 

Un golpe di 4 ore è un po’ poco. E’ uno show. Uno spettacolo. Poi basta mettere qualche morto di qua e di là, che il sangue fa sempre effetto quando c’è da incolpare qualcuno. Basta definire il finto golpe “terrorista” che con l’aria che tira funziona sempre. Le accuse agli USA servono a gettare benzina sul fuoco, l’imperialismo americano che odia l’Islam (ma che guida la coalizione contro l’Isis della quale fa parte anche la Turchia di Erdogan). Poi servono un millecinquecento e rotti militari arrestati, alcune decine ammazzati, qualche pena di morte e l’eroico Capo di Stato Maggiore imprigionato dai golpisti [sic] liberato e trasformato in vittima.

 

Erdogan è un genio, e da oggi è ancora più pericoloso. Ma ha anche un problema in più: i Militari garanti della Turchia libera che, se lo avessero voluto, avrebbero organizzato un golpe serio togliendogli il potere – togliendoglielo sul serio – in poco tempo. Viste le acque agitate tra i militari ed i loro mal di pancia nei confronti del Sultano complice dell’Isis che però sostiene anche Bashr al Assad e che è alleato degli USA, ma li accusa anche di essere mandanti del golpe [sic] insiema all’odiato Gulan (suo amico fraterno fino a pochi anni fa), non ci stupiremmo se decidessero di farlo sul serio il golpe…

Ciò non vuol dire che il tentativo di golpe non ci sia stato, vuol solo dire che è stato orchestrato in modo quasi perfetto. E non ci stupiremmo se fossero stati proprio il dittatore Erdogan ed i suoi scagnozzi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16 luglio 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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