di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
I vescovi italiani sono persone caratterizzate da qualità contrastanti. La loro intelligenza è intuitiva e veloce, ma la loro pigrizia intellettuale risulta, spesso, greve e accidiosa. Una memoria sorprendente per i particolari, le minuzie e persino le frivolezze contrapposta a una smemoratezza quanto mai sorprendente per l’essenziale, le idee e i sentimenti delle persone. Una cultura varia, pronta, curiosa, accompagnata a un’ignoranza totale dei problemi più correnti della vita sociale quotidiana. Un’eleganza ricercatissima di modi, relazioni e comportamenti, ma capricciosi nelle loro tendenze teologiche e politiche soggettive. In essi vi è tutto questo, in una coesistenza perturbante: solo chi li frequenta a lungo può percepire l’influenza di siffatti ‘poli’ opposti. Angelo Bagnasco, per esempio, vorrebbe porsi di traverso di fronte a un moto irrefrenabile, in una visione del futuro dell’umanità talmente plumbea e pessimista che stupisce per l’intento colpevolista. Una persona talmente lontana da quei sentimenti di affetto e solidarietà da non accorgersi di essere vittima di convinzioni totalmente preventive, che non lo abbandonano mai. Egli vuol tenere gli omosessuali al di fuori di ogni contesto sociale, in base a un’ottusa isterìa che tende a ‘scartare’ problemi e questioni. Un pensiero che non può far altro che intristire, per la cieca obbedienza nei confronti di una fede che non possiede nulla di genuino, bensì rappresenta soltanto un ‘mantello’ ideologico, ‘buono’ soprattutto a nascondere paure e ossessioni perniciose, quando non altro. Un temperamento ‘diseguale’, dunque, viziato da una visione teologica ‘chiusa’ tra gli anfratti più angusti di un cattolicesimo ormai ‘dismesso’, il quale tende a ‘ghettizzare’ i fedeli all’interno di una corrente ‘esoterica’, che avvicina persino la santa messa domenicale a una tetra seduta spiritica per poveri ignoranti e sprovveduti. Una fede che nega se stessa, poiché non nutre alcuna fiducia nel prossimo e nel mondo, poiché discendente da un misticismo ‘immobilista’, paralizzato di fronte all’orizzonte degli eventi, nonché destinato a essere ‘ingoiato’ dal grande ‘buco nero’ della Storia. La quale non possiede solo moti distruttivi, ma anche generativi, che smentiscono – o dovrebbero smentire – proprio coloro che non credono in una volontà superiore. Non si tratta di “offendere Dio”, bensì di riconoscerlo nelle sue volontà più elevate e misteriose. Ma tutto ciò è impossibile da comprendere per i vescovi italiani, poiché essi sono soliti utilizzare concettualmente la trascendenza in quanto mero ‘meccanismo’ attraverso il quale imporre non la volontà di Dio, bensì e fondamentalmente la propria.
(18 maggio 2016)
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