
di Paolo M. Minciotti
Il recente caso del quindicenne ucciso dall’Isis per omosessualità dopo che uno dei comandanti dell’organizzazione Abu Zaid al—Jazrawi ne aveva fatto suo schiavo sessuale, spiega bene l’ipocrisia del gruppo dirigente dei terroristi del sedicente stato islamico che applicano la Sharia agli altri, ma sono assai più indulgenti con loro stessi. Il ragazzino abusato da al—Jazrawi è stato infatti ucciso in pubblico mentre il suo abusatore è stato semplicemente trasferito in Iraq.
L’uomo appare in un filmato di propaganda dell’Isis mentre addestra dei bambini soldato ed è considerato uno dei massimi esperti di Sharia del gruppo terroristico.
Ne parla in un articolo il quotidiano The Daily Best che cita l’Osservatorio Siriano sui Diritti Umani e la testimonianza dei suoi esponenti al quotidiano The Independent , parla della testimonianza di Subhi Nahas, ragazzo siriano fuggito dal suo paese che ha presentato alle Nazioni Unite una relazione sui diritti delle persone gay in Siria ed accusa i jihadisti di avere una percezione distorta dell’Islam. Secondo la testimonianza del giovane: “Le relazioni tra uomini e giovani adolescenti (ghelman) inclusi ragazzi ermafroditi è sempre esistita nell’antichità. Poi queste pratiche sono state scoraggiate perché non garantivano la riproduzione”. Nahas aggiunge poi che “culturalmente, dopo la formazione delll’Islam, omosessualità e pedofilia vengono percepite nello stesso modo. Se un adulto violenta un bambino non è viene definito pedofilo, ma omosessuale”.
L’Isis avrebbe ucciso il 15enne per “salvarsi la faccia” dato che il suo comandante Abu Zaid al—Jazrawi sarebbe stato definito “intoccabile” per i suoi “grandi meriti”.
(7 gennaio 2016)
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