di Il Capo
Le caselle email della nostra redazione sono intasate dal 12 maggio, giorno della seconda tremenda scossa di terremoto in Nepal, da messaggi di “cene solidali” (mi viene da vomitare) a favore del Nepal, o meglio delle popolazioni del Nepal, colpite dalla terribile catastrofe. Ci si sbizzarrisce naturalmente nell’elencare i menù: a base di pesce, o giapponese, ci sono poi i geni del menù rigorosamente vegano, con i fondi da destinare a questa o quella ONG.
Con la pancia piena la solidarietà viene meglio, n’est pas? Che è un po’ come quegli attivisti che sono attivisti solo sui social… O come quello che offende con toni irripetibili chiunque non la pensi come lui su Facebook o su Twitter, insomma da casa loro tutti generosi, buoni, disposti a donare, a sbafarsi una cena vegana per mandare due soldini a chi non ha nemmeno lo spazio per prepararsela la cena. A chi probabilmente non ha nemmeno fame.
E’ il disgustoso aspetto dell’italico buonismo, siam fortunati a non avere disgrazie così che – a pancia piena – possiamo anche permetterci di devolvere denaro a qualche ONG. Andremo a casa doppiamente soddisfatti: per aver mangiato bene e per essere stati buoni.
Che almeno gli andasse di traverso.
(13 maggio 2015)
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