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Amnesty International: Turchia, un anno dopo Gezi Park manifestanti a processo, polizia impunita

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Erdogan 03di Amnesty

A un anno di distanza dalle proteste di Gezi Park, la risposta del governo alle manifestazioni è più incline all’abuso che mai e l’impunità per le violenze da parte delle forze di polizia è dilagante: è quanto afferma Amnesty International in un nuovo rapporto sulla Turchia, diffuso il 10 giugno.

“Le autorità turche reprimono senza tregua i manifestanti, attraverso la violenza della polizia nelle strade o i procedimenti nelle aule giudiziarie. Nel frattempo, la polizia gode della quasi totale impunità. Il messaggio è chiaro: nessuna tolleranza per le manifestazioni pacifiche” – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

“Solo negli ultimi 10 giorni, le manifestazioni promosse in tutta la Turchia per ricordare l’anniversario delle proteste di Gezi Park sono state vietate o disperse arbitrariamente e brutalmente coi gas lacrimogeni, i cannoni ad acqua e i manganelli. Il governo deve cambiare direzione, consentendo le proteste pacifiche e chiamando le forze di polizia a rispondere del loro operato” – ha proseguito Shetty.

Il rapporto di Amnesty International, intitolato “Oltre al danno, l’ingiustizia. Le proteste di Gezi Park un anno dopo”, esamina cosa è accaduto in seguito alla piccola manifestazione contro la distruzione di un parco nel centro di Istanbul, sfociata in una protesta nazionale contro il governo.

Durante le proteste di Gezi Park, la violenza della polizia provocò 8000 feriti e almeno quattro morti. A oggi, risultano aperti solo cinque procedimenti nei confronti di alcuni agenti di polizia. Le restanti indagini sono ferme, sono state ostacolate o sono state chiuse.

In profondo contrasto con questi dati, oltre 5500 persone sono sotto processo per aver organizzato, aver partecipato o aver dato sostegno alle proteste di Gezi Park. Molte di esse rischiano la condanna solo per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di manifestazione, accusate di “finanziamento di un’organizzazione criminale” o non comprovati reati di terrorismo.

“Il governo deve rivedere la legislazione in materia di manifestazioni, rimuovere le eccessive restrizioni che stabiliscono dove e quando possono essere svolte e abrogare le norme usate per criminalizzare le proteste pacifiche” – ha dichiarato Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International sulla Turchia.

Medici sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari e, in due casi, sottoposti a indagine penale per aver fornito i primi soccorsi negli ambulatori da campo allestiti durante le proteste di Gezi Park.

Nel gennaio 2014, il governo ha presentato una serie di emendamenti con l’obiettivo di rendere reato la fornitura di cure mediche di emergenza durante le manifestazioni.

In grave violazione del diritto alla libertà d’espressione, sono state avviate indagini anche contro chi commentava e documentava le proteste sui social media e sono stati aumentati i poteri di chiudere i siti Internet.

“Un anno dopo Gezi Park, le autorità turche sembrano aver decisamente preso il sentiero dell’intolleranza, del conflitto e della polarizzazione. Se tutto questo non verrà fermato, si rischieranno ulteriori violazioni dei diritti umani” – ha sottolineato Shetty.

“Non è troppo tardi perché il governo cambi direzione. Ma occorre la volontà politica di ammettere che nel paese vi sono rivendicazioni legittime, di cercare un dialogo con le persone deluse, accettare le critiche, rispettare il diritto alla libertà di manifestazione, annullare i procedimenti nei confronti dei manifestanti pacifici e garantire che le forze di polizia saranno chiamate a rispondere del loro operato” – ha concluso Shetty.

 

Per saperne di più…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(10 giugno 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

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riproduzione vietata

 

 

 

 

 

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