Eravamo scettici. Il nostro scetticismo non aveva nulla che fare con ciò che Khalid Chaouki stava facendo, una operazione importante di sensibilizzazione e di rivalutazione dei Diritti Umani di tutti. Anche dei nostri.
Ma noi non ci fidavamo del politico in quanto politico. Pensavamo che fosse un’operazione mirata alla visibilità più che al risultato. All’umanità dell’uomo con carica politica non avevamo nemmeno pensato. Succede anche ai migliori in quest’Italietta di inizio millennio.
Khalid Chaouki ci ha dato una lezione riuscendo nello sgombero del CIE di Lampedusa non per amore della clandestinità, ma per amore della giustizia e del rispetto degli esseri umani.
Le domande che ci ponevamo nell’articolo del 23 dicembre scorso, “di queste persone cosa sarà? Torneranno da dove sono venute? Entreranno in un altro centro? Le troveremo per le strade senza alloggio, lavoro né cibo? Cosa succederà dopo?” sono ancora valide e per noi assai importanti, così come riteniamo primario che si lavori sulla Legge per l’Immigrazione affinché chi arriva abbia sul serio un lavoro, un alloggio, condizioni degne di vita, sapendo che il fenomeno della clandestinità, alimentato dall’illegalità di casa nostra e casa altrui, quando non dalle mafie, non si combatte con leggi che puniscono con la galera chi cerca una vita migliore.
Per il momento, il governo lavori in fretta, la soluzione per Lampedusa si chiama Milano, Roma e Palermo, cioè altri CIE. E’ ciò che ci preoccupava. E che, siamo certi, continua a preoccupare l’On. Khalid Chauki.
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