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Cuba, il regime racconta ancora una volta la storia del “no all’omofobia”

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Gay Cubadi Daniele Santi

L’abbiamo sentita centinaia di volte, ne abbiamo scritto decine di volte, siamo rimasti stupiti troppe volte di fronte ad alcuni organi d’informazione e a certa sinistra che sono cascati nella trappola, ora vogliamo vedere se dopo l’annunciato cambio di statuto del Partito Comunista, l’ordine di lasciare in pace gli omosessuali e di stroncare l’omofobia sia l’ennesima boutade dei Castro o qualcosa in più.

In passato, anche lo scorso maggio, Mariela Castro si è resa protagonista si una serie di iniziative non solo discutibili, ma svergognate, sul presunto tema dei diritti delle coppie omosessuali: prima farsa un matrimonio tra una transessuale ed il suo compagno, che fino a prova contraria non è una matrimonio gay. Poi le marce e gli eventi contro l’omofobia, strombazzati come le iniziative che avrebbero cambiato la storia dei gay a Cuba – che continuavano fino a poche settimane fa ad essere arrestati a piacere dalla Polizia non con l’accusa di omosessualità, ma con quella più fantasiosa, e certo più efficace di essere “un pericolo per il futuro della Nazione”.

Alle Giornate contro l’Omofobia partecipano le associazioni “amiche” di Mariela Castro, e quindi del regime, mentre quelle dissidenti vengono discriminate, allontanate, private dei pochi fondi disponibili, secondo le abitudine della spa Regime Castro, che controlla l’Isola come una proprietà privata.

Le cubane Giornate contro l’Omofobia si tengono normalmente in date molto vicine a quella del 17 maggio, Giornata Mondiale contro l’Omofobia,  giornata in cui a Cuba si mette a regime tutta la macchina propagandistica a favore di un regime che non discrimina i gay. Ditelo a Virgilio Piñera. Ditelo a Reinaldo Arenas.

Ora il grande annuncio dato dal blogger e attivista gay Francisco Rodriguez, intimo di Mariela Castro, secondo il quale grazie ad un emendamento allo statuto del Partito Comunista Cubano del gennaio scorso, divenuto ufficiale da oggi 19 luglio,  distribuito ad 800mila servi di Partito il regime invita a “combattere con risolutezza i pregiudizi e le discriminazioni basate sul colore della pelle, sul genere, sulla fede religiosa, sugli orientamenti sessuali e le origini territoriali”.

Quello che ci dispiace è leggere ancora sui giornali italiani che l’atteggiamento a Cuba verso l’omosessualità “è drasticamente cambiato”.

Se leggete lo spagnolo leggete questo articolo che la nostra pagina gemella di lingua spagnola ha pubblicato a firma del regista e giornalista cubano residente negli Stati Uniti, Manuel Zayas.

 

 

 

 

 

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