Un discorso emotivamente intenso, quello del Presidente del Consiglio, dove tutti gli elementi,dall’Europa politica all’Europa dei Diritti senza nominarli, per non far incazzare Bagnasco, ma anche per evitare il blocco della glottide, delicatissima cartilagine.
Letta dà un colpo qui e uno là, fa riferimenti alla moralità della politica, al fatto che i politici si sono spinti troppo in là, ma anche troppo in qua Presidente, e che i Ministri rinunceranno al loro stipendio base: applausi (il M5S non applaude, ha ricevuto ordini fermissimi uniti a una macumba. Se dovessero applaudire cadrebbero loro le mani) e la sensazione in chi ascolta che per opportunismo o altre alchimie, un briciolo di consapevolezza nei politici italiani potrebbe anche essersi risvegliata.
Dice che se proprio non si dovesse riuscire a cambiare la Legge elettorale, allora sarebbe meglio andare a votare con il Mattarellum, conscio dei rischi che incontrerà nel voler cambiare la schifosa legge-Calderoli; parla del Nobel per la Pace all’Europa spiegando che non è un Nobel alla memoria, ma al futuro, anche se le Istituzioni europee fanno di tutto perché si dimentichi (lo diciamo noi, non Letta).
Quindi parla del un viaggio che intraprenderà immediatamente dopo il voto di fiducia per palare con Bruxelles, Parigi e Berlino. “Per dirgli che ci siamo”, aggiunge.
E magari tirargli anche due ostie, aggiungiamo noi. Poi va al Senato. Quindi dibattito. Qualche grido dei M5S che il garbo innanzitutto. Poi la fiducia: 453 sì.
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