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Una nuova stagione per l’Italia, ne parliamo con Flavia Fratello, Andrea Adriatico ed Aurelio Mancuso

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Interviste Multipledi Maximiliano Calvo

Volevamo fare il punto sulla situazione-diritti in Italia, senza che il nostro fosse scambiato per un punto di vista settario, personale. Così abbiamo proposto a quattro personaggi pubblici, un politico eletto in parlamento alle ultime elezioni, il presidente di un’associazione per i diritti umani, una giornalista e un regista teatrale e cinematografico, tutte persone di successo e molto conosciute nei loro rispettivi ambiti, di darci il loro punto di vista attraverso questa che abbiamo voluto chiamare intervista multipla.

Abbiamo rivolto le stesse domande a Flavia Fratello, conosciuta giornalista de La7, ad Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia ed a Andrea Adriatico, regista teatrale e cinematografico, fondatore della splendida realtà bolognese chiamata Teatri di Vita.

Avremmo voluto avere con noi anche Ivan Scalfarotto, deputato PD, che a causa di impegni istituzionali e dei nostri tempi di pubblicazione, non è purtroppo riuscito a trovare il tempo per risponderci.

Di seguito le domande e le risposte di questa interessantissima, secondo noi, intervista multipla che fa il punto sul tema dei diritti civili in Italia. Buona lettura.

L’intervista:

I risultati delle recenti elezioni, problemi politici a parte, fanno pensare che potrebbe essere davvero giunta una nuova stagione per l’Italia, cosa ne pensate…

Flavia FratelloFlavia Fratello: Penso che sì sarebbe tanto bello, ma non mi illudo troppo. Vent’anni fa,abbiamo vissuto una stagione per certi versi analoga, anche se c’era sicuramente meno povertà e questo fa una notevole differenza soprattutto nella determinazione popolare a voler cambiare. Ma per l’appunto, la rivoluzione di Mani pulite è fallita miseramente, consegnandoci un paese se possibile ancora più incancrenito dalla corruzione e dove le mafie sono ormai parte dei gangli vitali della nostra economia. Dunque si, la stagione potrebbe essere quella giusta per un effettivo cambiamento anche se nelle orecchie mi risuona l’adagio di Ennio Flaiano, “Noi italiani non le possiamo fare le rivoluzioni: ci conosciamo tutti!”

Andrea Adriatico: Certamente una nuova stagione è in atto. E’ stato eletto un parlamento fortemente rinnovato, almeno nelle facce e nei curricula dei suoi componenti. E il successo ottenuto dal movimento 5 stelle ha generato nei politici di quasi tutti gli schieramenti l’ansia di mettere in mostra le proprie virtù etiche. Peccato che l'”eticità” rincorsa riguardi quasi esclusivamente il “denaro”. Finora non ho udito una sola parola sulle sofferenze reali delle persone: temi come i diritti civili, il diritto allo studio e alla cultura, il diritto a luoghi di detenzione umani, il diritto a cure e prevenzioni informate, lo straordinario tema di città e ambiente, sono lontani anni luce dai talk show e dai nostri politici, salvo i casi in cui vengono usati come bandiera.

Aurelio Mancuso: E’ presto per dirlo, dipenderà dalla capacità del Parlamento di far partire un governo ed eleggere un presidente della Repubblica adeguato ai tempi. Sicuramente queste nuove Camere sono più laiche di quelle passate, per cui se la legislatura di avvia, si potrebbero finalmente approvare alcuni provvedimenti sui diritti civili e sociali.

Abbiamo assistito negli ultimi vent’anni all’apparizione di diversi “uomini dei miracoli”, Grillo `solo l’ultimo della serie, da dove viene questa tendenza tutta italiana a farsi abbindolare dal primo che grida più forte?

Flavia Fratello: Tendenza tutta italiana dite? A me non sembra, direi che anche all’estero non si scherza.  Dipende con chi ci si confronta e noi che siamo supponenti ci confrontiamo con democrazie molto più mature delle nostre. Gli italiani sono intelligenti ma molto ignoranti nonché ancora decisamente carenti dal punto di vista del senso dello stato e della cultura di comunità. Dunque ragionano guardando al loro interesse particolare e di solito chi urla di più è anche chi fa leva esattamente sull’interesse personale. Tanto per restare alla strettissima attualità “vi restituirò l’imu” va letto  in questo senso: mi conviene, ci guadagno, lo voto. Cosa ne sarè del resto mi importa poco.

Andrea AdriaticoAndrea Adriatico: L’Italia è un paese giovane e insicuro della propria storia. E i giovani, per stare uniti, hanno bisogno di un mentore. Sia esso un allenatore, un parroco, uno scout… Di volta in volta chi sa interpretare il ruolo di collante, grazie alla propria personalità sfavillante, riesce a centrare l’obiettivo. Cosa rende del resto diversi Renzi e Bersani? La personale capacità di “leader”? La personale capacità “amministrativa”? Tutt’altro. E’ solo la capacità di raccontare una storia e farla credere. Amministrativamente ciò che fece Bersani come governatore dell’Emilia Romagna fa impallidire il lavoro di Renzi a Firenze. Ma questo non ha alcun interesse mediatico e dunque neanche politico. Bersani è un pessimo venditore di sé. E di questi tempi conta. Per questo anch’io ho votato Renzi alle primarie, augurandomi che il suo eloquio brillante si contornasse un giorno di personalità in grado di gestire un programma di governo davvero evoluto. Dovrebbe essere una normale prassi per un governatore, invece una volta ottenuta la vittoria ci si dimentica spesso di ciò che dovrebbe seguire.  Grillo e Berlusconi invece sono altro argomento: il primo vende l’idea di un mondo migliore purtroppo solo virtuale, il secondo vende l’idea di un mondo migliore per sé. E in questo senso, uno accanto all’altro, rappresentano benissimo il bipolarismo tanto agognato in questo paese: il primo offre sponda all’ideologia più arrogante, il secondo prende l’ideologia e se la mangia con una risata. E gli italiani non sono forse un popolo diviso tra illusi intramontabili e opportunisti cronici?

Aurelio Mancuso: Ritengo il fenomeno M5S il sintomo più eclatante dell’insuccesso complessivo della classe politica italiana, che pur con  le necessarie distinzioni, non è stata in grado in questi ultimi vent’anni di adeguare le forme di partecipazione popolare, le istituzioni, lo Stato nel suo complesso, alle esigenze dell’attuale società. Si sbaglia chi pensa che il M5S sia un fenomeno passeggero, perché la sfiducia e la rabbia sono sentimenti diffusi e l’attuale oggettivo quadro politico non fa sperare in una risoluzione veloce di enormi ritardi, spregevoli privilegi, il tutto assommato a una crisi economica profondissima.

Il mondo della politica, del giornalismo, della cultura, sono stati succubi di un modo di vedere la politica che pareva essere comune a potere e opposizione, non si poteva fare più di quel che si è fatto?

Flavia Fratello: Ovviamente, ed in questo caso io credo c’entri anche una sorta di pigrizia mentale. Mi spiego: è’ molto comune sentir dire che si legge un certo giornale perchè quel giornale ci somiglia ed esprime le idee del partito o dell’area che appoggiamo. Il che è verissimo, la maggior parte delle persone sceglie proprio cosi il proprio quotidiano o il proprio tg. Ma non c’è nulla di più sbagliato ed i primi a ribellarsi dovrebbero essere proprio i giornalisti. Io voglio un giornale che mi informi, che mi dia i fatti, ma voglio anche un giornale che mi dia la lettura di quei fatti da più punti di vista possibili. Solo così forse capirò l’altro e non lo considererò sempre e solo un imbecille o un truffatore nella migliore delle ipotesi. Qualsiasi sia la mia parte politica. Certo cosi è anche più facile smascherare eventuali “inciuci”, ma è appunto quello che ora si contesta.
Andrea Adriatico: Sono un giornalista professionista. Continuo ad essere iscritto all’albo, a versare i contributi, a sentirmi un giornalista nel profondo e appassionato di reportage. Ma è un mestiere che oggi è difficilissimo esercitare con coscienza. Non c’è spazio per una voce non condizionata. Non c’è un solo direttore editoriale che non sia colluso, in una qualche maniera, con la politica. Perché mai quasi tutti i grandi imprenditori italiani desiderano possedere un giornale o una tv che per loro stessa natura sono pessimi affari? Perché sono strumenti per gestire la relazione politica. E non serve guardare solo ai livelli nazionali. Basta dare un’occhiata alla storia dei quotidiani d’area, a chi sono in mano. Occorre chiedersi per capire davvero cosa, la proprietà di questi strumenti, ha fruttato nel tempo? Quanti permessi di costruire sono arrivati grazie ai giornali proprietà di potentissimi palazzinari? Stessa cosa vale per il mondo della cultura. In Francia, quando tagliavano i contributi, nel decennio appena passato, c’è stata una mobilitazione di piazza di artisti e intellettuali senza precedenti. Qui no. Eppure il Fondo Unico dell Spettacolo, i Musei, le Biblioteche e soprattutto le Università sono allo stremo. Pompei crolla sotto il peso della sua storia e accanto a lei il bel sud del nostro paese. Gli artisti sono stati e sono, come categoria, dei miserabili. Costretti alla fame, hanno sempre come obiettivo quello di continuare a mangiare nel proprio piatto senza vedere cosa succede altrove. Ridurre così tanto il denaro alla cultura, senza però tagliarlo del tutto, è stata una grande strategia politica. Se c’è poco, ma c’è qualcosa, il potere esercita controllo lasciando che ci si scanni gli uni con gli altri per custodire un pezzetto di fame. Con il nulla ci sarebbe stata rivolta.
Aurelio MancusoAurelio Mancuso:  Se si leggono attentamente gli editoriali, le pubblicazioni, le azioni politiche degli ultimi anni, si può notare un continuo mutare di opinioni, a volte in contraddizione fra loro, atteggiamento tipico di una società delle élite in crisi e anche tendenti ad adattarsi ai cambiamenti, invece di esserne protagonisti. Il conformismo e il conservatorismo sono i mali di cui sono affette da troppo tempo le classi dirigenti italiane. Si doveva far di più, si poteva far di più, ma è prevalso solamente uno spirito di infantile contrapposizione, o la proposizione di modelli e strumenti di preservazione dei differenti interessi di posizionamento, di cui la politica è un aspetto, ma non l’unico
I diritti civili sono l’ultima cosa a cui negli ultimi vent’anni si è pensato, nonostante il grande impegno di molti e il disinteresse di moltissimi, questo disprezzo per ”l’altro” da dove viene?

Andrea Adriatico: Ma quali diritti civili? Il diritto civile è il diritto allo studio: quale genitore si preoccupa di sapere che l’università è il luogo delle baronie ed è dunque un diritto civile negato all’esistenza e al talento dei propri figli? Il diritto civile è il diritto ad una salute uguale in ogni parte d’Italia. Il diritto civile è sapere che se affido allo stato il diritto di legiferare, poi queste leggi devono valere ugualmente per tutte e tutti. L’altra sera, distrattamente, per caso, ho acceso la tv. C’era una esponente del Pd impegnata a farsi largo per difendere il modello di convivenza alla tedesca proposto da Bersani. E quasi si arrabbiava perché i suoi avversari la stuzzicavano sul fatto che quella proposta potesse aprire la sponda alle adozioni omosessuali. Bella roba la nostra sinistra, sempre costretta a giustificare la propria diversità. Costretta a rassicurare che vuole riforme a metà. Qualcuno ha mai visto, in tante ore di programmazione destinata alla campagna elettorale, un puntata intera di un qualsivoglia programma interamente dedicata alla questione delle “altre” sessualità, dove far convivere gay, trans, e tutto il popolo delle diversità sessuali senza aver la tentazione di organizzarlo come varietà da baraccone?

Aurelio Mancuso: Ci sono colpe che risiedono innanzitutto nei partiti, tutti, che fino ad oggi hanno ritenuto il tema dei diritti marginale, fastidioso, fonte di conflitto con il Vaticano, pericoloso per il consenso. Solo la pressione esterna, i grandi mutamenti in atto in Europa, iniziati con la Spagna e oggi sviluppatesi in Francia, Gran Bretagna, quindi nei grandi paesi dell’Unione, e la grande spinta degli Stati Uniti grazie ad Obama e la Clinton, determinano ora un dibattito differente e persino interessante. Manca, poi, ancora una spinta quantitativa e qualitativa da parte della collettività lgbt, capace di saldare alleanze stabili con altri movimenti di libertà e di aspirazioni civili.

Come far fiorire una nuova stagione dei diritti? da dove ricominciare?

Flavia Fratello: Mi riferisco con la mia risposta a questa domanda anche alle precedenti sullo stesso tema dei diritti, perché il discorso secondo me deve essere complessivo. Innanzitutto non credo che in questi anni non si sia discusso di diritti civili, lo si è fatto, penso all’eutanasia, allo stato delle carceri, alla violenza sulle donne, alla fecondazione assistita  e ovviamente a tutto cio che riguarda le istanze gay, dai matrimoni, alle adozioni etc etc. ebbene se ne e’ discusso ma penso che l’errore maggiore sia stato considerare tutti questi diritti come diritti di qualcuno e non di tutti. Per chiarirmi ulteriormente vorrei ricordarvi la battaglia su aborto e divorzio. I tempi erano politicamente molto diversi, ma in realtà il paese vero era arretratissimo e nulla faceva davvero sperare che quelle battaglie riuscissero. Se sono passate è perche chiunque aveva in casa una sorella, una zia, una cugina che aveva vissuto il dramma dell’aborto e chiunque sapeva cosa voleva dire vivere in famiglie dove il legame era garantito ormai solo da un vincolo e non piu’ dalla voglia di stare insieme. Dunque credo che si debba ripartire da qui, dal pensare che non stiamo parlando dei diritti dei gay o delle donne o dei carcerati, ma dei diritti di tutti. Compito arduo lo riconosco.

Andrea Adriatico: Io parto da me. non ho paura di essere definito un regista, un autore, un giornalista, un architetto gay. Ci sono tanti registi, autori, giornalisti, architetti etero. Io voglio parlare di cose che non si vedono e parlare, si badi bene, a tutti… ma dal punto di vista di un omosessuale che legge la sua storia e il suo tempo. E devo dire che i miei piccoli risultati, fortunatamente, li ottengo. Sono entusiasta del mio pubblico, che si fida perché ha davanti la potenza del punto di vista mai spacciato per verità.

Aurelio Mancuso: La visibilità, la testimonianza diretta, le azioni nei tribunali per farsi riconoscere singoli diritti, un visione più aperta della nostra azione che si cementi con altre istanze, sono secondo me, gli elementi necessari per dare finalmente la spallata finale al muro di inciviltà che recinta le Aule parlamentari. Questo lungo e doloroso periodo di crisi economica, che colpisce ancor più duramente chi come noi è doppiamente precario, senza diritti, sospinto verso la clandestinità sociale, può essere una grande occasione per trovare l’energia giusta di un nuovo inizio politico. Come ho già detto più volte tocca ai giovani e alle ragazze lgbt farsi avanti, interpretare con coraggio e utilizzare strumenti per una nuova stagione per i diritti. Tante cose sono per fortuna cambiate negli ultimi decenni, ma rimane ancora l’obiettivo di conquistare la legittimazione formale, e solo un’aria nuova, anche dentro il movimento, può avere qualche speranza di vincere.

Giornalisti, uomini di cultura, politici “contro” sono stati fatti apparire come “inopportuni” e in qualche modo “collusi” dato che nell’Italia di fine e inizio secolo tutti in qualche modo erano considerati “corruttibili”, non è stato questo il vero dramma dell’Italia?

Flavia Fratello: Il magistrato Roberto Scarpinato ed il giornalista Saverio Lodato hanno scritto qualche anno fa un libro che io renderi obbligatorio nelle facolta di scienze politiche. Si intitola “Il ritorno del Principe” e racconta i meccanismi del potere, il modo con cui si viene cooptati, il peso delle conoscenze e dei ricatti incrociati che fanno sì che ci si sostenga a vicenda per non crollare tutti. Ebbene io credo che molti debbano il loro successo proprio a questi meccanismi mentre è sempre piu raro vedere gente che non ha una corte di riferimento. Del resto chi non è di nessuno è attaccabile da tutti. E dunque ci vogliono spalle larghe o una buona dose di incoscienza per rifiutare ogni protezione.

Andrea Adriatico: Sono davvero tutti corruttibili. E’ ciò che Berlusconi ci ha insegnato, la sua lezione più autentica.

Aurelio Mancuso: Tra i tanti vizi italiani, c’è quello che il pensiero libero sia considerato un male di cui liberarsi il prima possibile. Nel periodo cui fate riferimento sono avvenute molte ingiustizie, buttate via riflessioni e intuizioni che proprio in questo momento avrebbero fatto un gran bene al nostro Paese. Faccio un esempio, che so apparire “eretico” e fastidioso. Di Bettino Craxi si è detto tutto il peggio possibile, un totem su cui scaricare le malefatte di uno scorcio della storia italiana. Molti di quelli che lo hanno prima sostenuto, e poi abbandonato, sono ancora in circolazione, si sono riciclati e ripuliti. Nessuno di questi personaggi aveva la forza evocativa di alcune proposte di Craxi, forse per questo alla fine lui è stato abbattuto e gli altri sono rimasti a galla. Tante responsabilità del segretario socialista sono evidenti e comprovate, ma questo significa che altri fossero “innocenti”? Mi piacerebbe oggi, che qualcuno rileggesse con oggettività la sua proposta sulla riforma dello Stato, si scoprirebbe che se alcune indicazioni si fossero realizzate non ci troveremmo oggi nell’attuale confusione istituzionale e politica.

L’informazione e la cultura allineate loro malgrado sono state il punto nevralgico dell’Italia “ultima scorsa”, come se ne esce?

Andrea Adriatico: Licenziando le persone che sono nei posti chiave senza merito e dando spazio alle nuove generazioni attraverso concorsi non guidati: concorsi per assumere i giornalisti rai (non se ne fanno da secoli), concorsi per assumere i dirigenti culturali, concorsi per i direttori dei musei e dei teatri, concorsi per i primari degli ospedali e via dicendo. Spero che il movimento 5 stelle con la sua carica di novità, oltre che chiedere di dare meno soldi ai parlamentari, cosa di cui mi frega il giusto, si occupi a gran voce di questo. Potrebbe conquistarmi.

Aurelio Mancuso: Finché il nostro Paese non avrà un sistema di valori condivisi, che faticosamente sono stati scritti dopo la guerra nella Carta Costituzionale, ma mai davvero fatti vivere nella società concreta, passeremo inutilmente i nostri secoli a dividerci, tra papisti e imperiali, guelfi e ghibellini, fascisti e anti fascisti, democristiani e comunisti, berlusconiani o anti berlusconiani, grillini o anti grillini. Al centro di queste categorie, non ci sono mai le libertà, la coscienza collettiva, la salvaguardia di un patrimonio comune, ma il dividersi per aderire o contrastare un dominio, una egemonia, il prevalere di un sistema sull’altro. Anche le altre democrazie occidentali hanno nella loro storia vissuto queste divisioni, però poi hanno individuato gli anticorpi, costituito Stati, elaborato pensiero, che hanno consentito lo svilupparsi di società plurali mature. Non tutto ciò che sta fuori da noi è magnifico, ma è un fatto che la nostra classe intellettuale appare sempre più stantia e orante per campagne pro o contro, e silenziosa su come uscire dal tunnel delle tifoserie, evidentemente perché incapace a esprimere vere e originali elaborazioni. Di conseguenza anche il mondo dell’informazione è figlio di questa cultura, in questi giorni “eccezionali” di elezione di un nuovo papa e della crisi politica, i media hanno rivelato tutta la loro fragilità e superficialità.

Matrimonio per tutti e pari diritti per tutti i sessi e gli orientamenti, stavolta cosa si riuscirà a fare, e dove si è sbagliato in passato?

Andrea Adriatico: Se devo dire quello che penso davvero è che temo che questa classe politica non la consideri ancora una vera priorità: potrebbe arrivare un contentino, ma temo che morirò prima di vedere che in questo paese tutti siano considerati uguali, davvero.

Aurelio Mancuso: Sono assai pessimista e, spero vivamente di esser smentito. Dipende tutto naturalmente da come si sbroglierà la matassa della formazione di un governo e dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, quindi, sulla durata stessa della legislatura. In teoria questo Parlamento è il più laico degli ultimi decenni, ma avrà il tempo per votare una qualsiasi legge sulle coppie gay? Ripeto, lo spero, ma non sono ottimista. Non vedo alcuna possibilità che in questa legislatura si approvi una legge sul matrimonio per tutti, al limite, forse, e sarebbe già una enorme novità una legge sulle unioni civili potrebbe vedere la luce. Ho visto che i parlamentari gay hanno già depositato leggi sul matrimonio gay, sull’omofobia e il cambio di dati anagrafici senza la necessità di interventi chirurgici. Molto bene, ma appunto è dal 1987 che si depositano leggi e non accade nulla. Dove si è sbagliato? Nell’eccessiva fiducia nei confronti dei partiti di sinistra e di centro sinistra, e nella disperante indifferenza da parte della gran parte dei gay italiani. Siamo tantissime e tantissimi, milioni di cittadini potenzialmente una forza, in verità siamo per la gran parte inerti. Finché il movimento non si interrogherà su questo, non saremo davvero in grado di ottenere quello di cui davvero abbiamo diritto.

Come non commettere più gli stessi terrificanti errori?

Andrea Adriatico: Nulla protegge da nulla. Per usare una metafora cara al mondo gay, non esiste il sesso sicuro, ma il sesso più sicuro. Possiamo provare a commettere meno errori, ma non a non commettere nessun errore. Cominciamo a dirci fratelli, a riunirci, a vederci, a discutere. Non esiste un movimento gay in Italia. Esiste un’Arcigay e il fatto che l’essere gay abbia bisogno di un acronimo che precede un’essenza e un’identità mi fa rabbrividire.

Aurelio Mancuso: Do un semplice suggerimento per l’attuale situazione in cui ci troviamo: le associazioni cerchino, nel caso che la legislatura si avvii, un rapporto diretto e immediato con il M5S iniziando dal Senato, senza ambasciatori e mediatori, si valutino proposte di legge che possono essere approvate dal centro sinistra e ci si concentri su questo. Tutto il resto è inutile perdita di tempo. 

Dove, secondo voi, politica, associazionismo, mondo dell’informazione e della cultura hanno sbagliato, se ritenete che abbiano sbagliato?

Andrea Adriatico: A non capire che il regime del nuovo millennio non passa per baionette e manganelli ma usa armi di controllo più sottili.

Aurelio Mancuso: Ci sono responsabilità differenti fra questi soggetti, la politica italiana è semplicemente ignorante e quindi sostanzialmente afona sulla questione omosessuale, anche a sinistra è prevalsa una visione sessuale del tema e non un’assunzione sociale e culturale, e infatti ci ritroviamo i più arretrati partiti della sinistra occidentale, attraversati da massimalismi tattici e arretratezze ipocrite. Sulla destra c’è poco da dire, se non che i liberali sono ridotti a poche unità, per lo più silenti. I media ci hanno dato una grande mano, hanno fatto emergere la soggettività omosessuale soprattutto tra gli anni ’90 e i giorni nostri, hanno anche influenzato positivamente l’opinione pubblica, ma non mancano come è evidente voglia di spettacolarizzazione e riproposizione meccanica di alcuni stereotipi. Gli intellettuali italiani sono in gran parte rimasti ai modelli culturali degli anni ’50 e ’60, per cui l’omosessualità incontrata è quella di rottura degli schemi, dei salotti buoni, sempre cullata come necessaria, ma fondamentalmente un fatto privato, da non “esibire” né “proclamare”. Non è un caso che in Italia non si segnalino libri di riflessione sull’omosessualità, che pure in questo Paese è così ricca di specificità storiche e culturali, se non scritti da omosessuali. Ho lasciato per ultimo l’associazionismo, perché credo di aver detto già molto, ma soprattutto perché penso sia giusto esser anche equilibrati e sottolineare che nelle condizioni date, abbia fatto moltissimo, e dal punto di vista sociale, vinto. Sappiamo cosa manca e ho già spiegato quali sono per me alcune possibili soluzioni.

Credete ancora nell’Italia?

Flavia Fratello: Certo che ci credo, non ci sono alternative. Non lo è di sicuro la fuga e non lo è il rinchiudersi in se stessi. Del resto se dicessi a me stessa, non ci credo più sarei costretta a comportarmi di conseguenza e non credo ci riuscirei. Ho avuto un educazione decisamente condizionante in tal senso, mi scandalizzo se qualcuno butta una cartaccia a terra, dovrei fare a pugni con me stessa!

Andrea Adriatico: Non cambierò paese.

Aurelio Mancuso: Sì credo ancora che l’Italia ce la possa fare, voglio troppo bene a questo Paese per non vedere una possibilità di fuoriuscita dalla profonda crisi in cui è sprofondato. La caratteristica su cui bisogna puntare è la nostra storica capacità di trovare soluzioni nella sopravvivenza, che diventano poi intuizioni per nuovo sviluppo e ricchezza. L’ambiente, il patrimonio storico e culturale, la capacità di cimentarci nella ricerca e nell’innovazione, rappresentano il nostro possibile futuro, che spero si avvererà.

Formulate un augurio sincero al nostro paese…

Flavia Fratello: La prima cosa che mi auguro è che al più presto tutti, ma davvero tutti possano ritrovare la stabilià economica e la serenità sufficiente per riprogettare il proprio futuro. E che però tutto questo non ci incarognisca: vorrei un paese generoso, dove non si passi il tempo a contare i centesimi ma ci sia spazio per la bellezza.

Andrea Adriatico: Che non esistano più persone bruciate nella possibilità di esprimere il proprio talento.

Aurelio Mancuso: L’Italia deve uscire dall’infantilismo in cui da troppi decenni si crogiola, se saprà farlo tornerà ad essere una nazione centrale nel mondo.

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