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Le note di notte di Emilio Campanella

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Martedi 14 Febbraio, su suggerimento di un collega milanese, che mi ha fornito i contatti, sono andato al Teatro di Ca’ Foscari a S.Marta, ch’è poi il Teatro di S.Marta di Venezia, per vedere Italianesi di e con Saverio La Ruina.

L’ autore, attore, noto e premiato, proponeva questo suo monologo dedicato agli italiani internati in Albania sino agli anni novanta. Un lavoro di grande intensità, e di grande coinvolgimento in cui l’interprete evoca cori di voci, situazioni, voci sole, patricolari ambientazioni atmosferiche stati emotivi di grande forza, sino alla perdita ed al ritrovamento della madre, dopo tre giorni di assenza, e ritornata graffiata lacera…poi è saltata la luce, ci siamo ritrovati con le sole luci di servizio, e senza comunicazioni di sorta per un buon quarto d’ora, fino a che qualcuno balbettante ci ha avvertito che , presumibilmente, c’era stato un corto circuito, ed era mancata la luce…fino ad una conclusione di tale lapalissiana evidenza, c’eravamo arrivati tutti. Pare che il guasto fosse nella facoltà accanto, ormai deserta, data l’ora, cosa che comportava l’interruzione definitiva dello spettacolo! Il colmo si è raggiunto quando, forse, il direttore ha assicurato come non fosse mai accaduto. Affermazione non irrinunciabile, come si sa. Peraltro, chi lavora nello spettacolo ha vissuto questo inconveniente almeno una volta, nel corso della propria carriera! Certo determinate situazioni in teatro di debbono affrontare in maniera ben differente, ma quello, aldilà dell’aspetto non è un teatro, ma una facoltà universitaria, con tutt’altri ritmi e mentalità, senza togliere nulla, ma evidentemente inadatta ad affrontare certi imprevisti!

Il giorno dopo, sono partito per Milano per la presentazione di una nuova mostra di arte antica, a Palazzo Reale, e siccome sono arrivato in città un’ora prima dell’appuntamento ufficiale, ho colto l’occasione per fare un giro nel nuovo MUSEO DEL NOVECENTO,nel Palazzo dell’Arengario, lì accanto, giusto un giro a salutare vecchi amici e vedere la loro nuova casa, come si potrebbe dire…Che dire, aldilà dell’aspetto elegantemente tecnologico… la divisione degli spazi e dei periodi, è perlomeno caotica, e sono sicuro di non aver visto qualche sezione, per non averla incontrata…certo, è divertente perndere ascensori, scale mobili, godersi la vista dall’ultimo piano, ma tutto un po’ a detrimento delle opere anche, a volte, soffocate, altre con luci discutibili, riflessi. Cito solo due opere: STRUTTURA AL NEON PER LA TRIENNALE DI MILANO di Lucio Fontana, del 1951(1910) ben esposta, ma che due anni or sono, alla mostra dedicata all’artista, a Palazzo Ducale a Genova, sospesa alle volte a vele di uno dei cortili dell’atrio faceva un effetto di contrasto che definire straordinario è poco;l’altra è IL QUARTO STATO di Giuseppe Pellizza da Volpedo, incassettata in una saletta nera, di passaggio, come una portineria triste! Non meglio era stata esposta alla Scuderie del Quirinale, in alto sopra la rampa delle carrozze, e sulla balconata, in primo piano i Pugilatori di Canova…come uccidere dei capolavori!!! Ben altro effetto, andando ancora un po’ indietro negli anni, ancora a Milano, nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in penombra, illuminata benissimo, evocata dal buio, con amplissimo spazio e respiro intorno!

A Palazzo Reale, appunto, nella Sala delle Otto Colonne, si è svolta la presentazione di TIZIANO E LA NASCITA DEL PAESAGGIO MODERNO. Un avvicendamento veloce, siccome ARTEMISIA GENTILESCHI ha chiuso il 29 Gennaio, e questa mostra apre il 16 Febbraio (sino al 20 Maggio) nelle stesse sale del medesimo bel color rosso sangue di bue e, però, senza scemenze pseudoscenografiche! La mostra è curata dal professor Mauro Lucco, cui è stato lasciato ampio spazio per esporre il suo punto di vista, le scelte delle opere, ed il criterio generale dell’angolazione critica, che parte da una lettera di Tiziano del 1552, a Filippo II, in cui viene, per la prima volta utilizzato il termine paesaggio in senso moderno. Ulteriore domanda si pone sul perchè dell’importanza di questi sfondi proprio nella pittura veneta, e la risposta potrebbe essere data dai diversi ambienti in confronto a quelli lagunari abituali, che vedevano i veneziani, nella loro espansione in terraferma. Peraltro, Tiziano, essendo cadorino, ben conosceva quegli ambienti. Prima di lui Giorgione e Bellini avevano scelto luoghi per ambientare le loro storie. Comunque nel cadorino, interessato molto ad episodi biblici, ma anche da storie mutuate da quella miniera rappresentata dalle Metamorfosi di Ovidio. Ci sono poi gli episodi reali raccontati dal lo storico Marin Sanudo, che ricorda i fuochi dei Turchi arrivati sino a Conegliano, visibili dal campanile di S.Marco. Tutto questo ed altro, come paesaggi d’invenzione, ma anche no, mescolati, composti, giustapposti, Gerusalemme celesti composte con monumenti lontanissimi fra loro, oppure Cima da Conegliano che rappresenta la medesima chiesa in due differenti pale d’altare, in un caso vista da est, nell’altro, da nord-est. Insieme con tutto questo il legame notorio con la pittura nordica. Cinquanta opere di autori anche “minori”, ma che hanno tutte una qualità altissima, e provenienti da musei di tutto il mondo. Si va, oltre agli artisti citati, da Marco Basaiti a Giovanni Cariani, da Lotto a Bonifacio de’ Pitati, da Palma il Vecchio a Jacopo Bassano, da Lambert Sustris, a Veronese, Tintoretto, con l’incredibile NARCISO dalla Galleria Colonna di Roma, quadro dall’inquadratura perfetta, con il suo intrico di rami, a P. Buegel il Vecchio, a Lodovico Pozzoserrato  (Lodewijk Toeput) ed il suo CONCERTO IN GIARDINO, con i personaggi in primo piano che fanno musica, e sullo sfondo un giardino che promette sorprese e meraviglie di ogni tipo! Il bel catalogo è pubblicato da Giunti.

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