
di Giovanna Di Rosa
La furia di Bernie Sanders appare del tutto fuori luogo in un uomo che conosce la politica come dovrebbe conoscerla questo senatore combattivo e preparato, che si definisce socialista, da diversi anni nell’agone politico americano. Hillary Clinton lo ha battuto anche in New Jersey (con quasi trenta punti di vantaggio), in New Mexico, è in testa di oltre 14 punti in California (dove mentre scriviamo lo spoglio è ancora in corso), ha vinto in South Dakota e ha lasciato a Sanders gli stati del North Dakota e Montana. Quest’ultimo ha accusato il Partito Democratico di avere giocato sporco e di avere fatto in modo che Clinton vincesse la nomination. Non si capisce francamente in che modo, e le accuse paiono più quelle di un uomo furioso perché sconfitto da una donna, piuttosto che quelle di un politico che conosce ed accetta le regole del gioco.
Hillary Clinton vince le primarie democratiche con oltre 15 milioni di voti (ne ebbe 18 quando le perse contro Barak Obama) ed è in questo ore che si aspetta l’atteso endorsement del presidente alla fine del suo mandato con un gradimento superiore al 50% (alla faccia dei commentatori italiani che parlano di un Obama estremamente impopolare) ed è la sfidante dell’orrido Donald Trump nei giorni scorsi protagonista di un’uscita agghiacciante nei confronti di un giudice dal cognome messicano, che gli ha chiesto conto di storielle legate alla sua Trump University, mai chiarite fin qui, ed al quale l’orrendo tycoon ha rivolto accuse di razzismo anti-wasp. Trump non sa o non vuole sapere che senza l’appoggio delle minoranze etniche (ed Hillary Clinton conta sul loro appoggio quasi totale) le elezioni USA non si possono vincere.
(8 giugno 2016)
©gaiaitalia.com 2016 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)